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    Aiuti umanitari a Gaza: il Colonnello Elrom spiega gli sforzi di Israele

    Aiuti umanitari a Gaza: un tema complesso in questo
    conflitto su cui Israele sta cercando di cooperare. Ne ha parlato in un
    briefing con i media italiani il tenente colonnello Or Elrom, spiegando il
    complicato sistema di implementazione degli aiuti a Gaza durante la guerra e le
    difficoltà logistiche che Israele sta cercando di risolvere cooperando con le
    organizzazioni umanitarie per facilitare e migliorare l’arrivo degli aiuti.

    Elrom ha spiegato che il Coordinatore di Attività
    del Governo nei Territori – COGAT coordina e collabora con le organizzazioni
    umanitarie internazionali che operano a Gaza e con i palestinesi stessi.
    «Collaboriamo con chiunque non sia Hamas» ha specificato il colonnello. Dopo
    l’inizio della guerra è stata istituita una task force di professionisti che
    hanno una profonda conoscenza di Gaza, anche durante le emergenze, e
    quotidianamente si svolgono riunioni e pianificazioni per cercare di migliorare
    l’arrivo degli aiuti umanitari. Israele si coordina con UNOCHA, UNWRA, ICRC,
    MSF per questioni tecniche e valutazioni umanitarie quotidiane.

    Responsabile della diplomazia pubblica del COGAT dal
    2021, in passato il colonnello è stata a capo della Sezione Operativa dell’Amministrazione
    di Coordinamento e Collegamento di Gaza. La sua base è stata colpita
    dall’attacco di Hamas il 7 ottobre. Quel giorno tre soldati della base sono
    stati uccisi e altrettanti sono stati presi in ostaggio; di questi, due sono
    stati assassinati durante la prigionia.

    Gli aiuti umanitari giungono a Gaza attraverso due
    diversi percorsi, secondo una suddivisione stabilita recentemente: «La maggior
    parte degli aiuti arriva in Egitto, ad Al-Arish, il punto di partenza degli
    aiuti umanitari. Da lì va a Rafah per controlli di sicurezza svolti dagli
    egiziani. Dalla scorsa settimana, gli aiuti umanitari seguono due diversi
    percorsi: il primo, a cui diamo priorità, attraverso le Nazioni Unite, va da
    Rafah a Kerem Shalom sul lato di Israele per i controlli di sicurezza
    israeliani e poi da lì nella parte palestinese di Kerem Shalom; il secondo
    percorso invece è attraverso la Mezzaluna Rossa. Tutte le donazioni che
    arrivano dal mondo arabo passano dalla Mezzaluna Rossa egiziana alla Mezzaluna
    Crescente palestinese a Nitzana, al confine tra Israele e l’Egitto, per i
    controlli di sicurezza. Da lì gli aiuti vanno a Rafah e poi a Gaza».

    Il numero di camion che trasportano gli aiuti
    umanitari che arrivano nella Striscia di Gaza, secondo il colonnello, possono
    aumentare: «Dalla fine della pausa umanitaria, il numero maggiore di camion che
    sono riusciti ad entrare è 170, ma non a causa nostra. La quantità di aiuti che
    entra non dipende da Israele. Noi facciamo solo la perlustrazione e lo
    screening di sicurezza dei camion».

    «Israele è in guerra con Hamas, non con gli abitanti
    di Gaza e faremo del nostro meglio perché gli aiuti umanitari arrivino ai
    civili» ha evidenziato Elrom.

    Le soluzioni adottate fino ad oggi sono numerose e
    diverse.

    La distribuzione degli aiuti umanitari nella
    Striscia di Gaza si scontra spesso con il terrorismo. Il colonnello ha
    ricordato come i terroristi si siano impossessati di aiuti umanitari (ad
    esempio allo Shifa Hospital) e che l’assistenza dei civili rimane un argomento
    cruciale: «L’assistenza medica è un vero problema: ai feriti si aggiungono
    circa diecimila palestinesi che cercano assistenza, tra malati di cancro,
    pazienti in dialisi o che necessitano di diversi trattamenti che non sono
    disponibili a Gaza perché Hamas non ha investito un dollaro per migliorare il
    sistema medico». Molti pazienti ricevono cure mediche grazie al coordinamento
    con l’Egitto, gli Emirati Arabi Uniti e la Turchia. In particolare, bambini
    feriti e malati vengono trasferiti in questi Paesi.

    Inoltre, Elrom ha evidenziato che sono previste
    «pause tattiche quotidiane nei quartieri. Comunichiamo che tra le dieci e le
    due non ci saranno attività militari in quel quartiere per consentire alle
    persone di lasciare le loro case, evacuare, se vogliono, o cercare aiuto».

    Il colonello ha evidenziato i danni provocati dai
    missili alle linee di elettricità ed acqua provenienti da Israele, quindi
    mettendo in pericolo l’intera infrastruttura umanitaria a Gaza. Nonostante tali
    difficoltà «Israele ora fornisce acqua a Gaza e un’altra tubatura di acqua
    proveniente dall’Egitto dovrebbe essere operativa nei prossimi giorni».

    Tra le altre iniziative che si stanno sviluppando
    per implementare gli aiuti umanitari agli abitanti di Gaza, è stato istituito
    J5, un meccanismo umanitario. «Ci sediamo con 6 paesi, con gli eserciti,
    incluso quello italiano» spiega Elrom. «Discutiamo gli impegni umanitari che
    possono essere implementati dagli eserciti. Non impegni di combattimenti. Ieri
    abbiamo fatto un tour a Nitzana e Kerem Shalom per vedere cosa succede sul
    luogo e cosa può essere fatto».

    Nonostante le difficoltà logistiche evidenziate,
    secondo il colonnello, Israele si sta impegnando per trovare una soluzione al
    miglioramento dell’arrivo degli aiuti umanitari.

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