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    A Kfar Maccabiah accoglienza e cura per i sopravvissuti ai massacri

    Kfar Maccabiah, il cuore pulsante del Maccabi Mondiale, dal 7 ottobre 2023 si è trasformato in un villaggio di accoglienza e cura per i sopravvissuti ai massacri: il centro congressi, le sale riunioni, le camere di ogni dimensione, le palestre, i campi da tennis, sono stati riconvertiti con grande efficienza, grazie all’impegno, alla dedizione e alle donazioni dei membri del Maccabi di tutto il mondo, delle confederazioni continentali e delle singole organizzazioni territoriali. 24 ore su 24, senza sosta, 7 giorni su 7 per ridare un sorriso e una speranza.

    Il Presidente di Maccabi World Union Amir Peled ha fatto nelle scorse ore il punto della situazione: “Fin dalla sera del massacro di Hamas – ha detto – abbiamo messo a disposizione tutte le nostre strutture di Ramat Gan per accogliere chiunque avesse bisogno. Vestiti, scarpe, prodotti per l’igiene personale, libri, giocattoli per ogni età sono stati raccolti e ordinati, i ristoranti hanno cucinato senza sosta pasti caldi. Da 300 a 500 a 700 a 1.000 i numeri degli ospiti sono rapidamente cresciuti: è stato subito evidente che la sistemazione da garantire non avrebbe dovuto essere per poche ore ma per giorni o forse mesi.”

    “Oggi funzionano a pieno ritmo un asilo, una scuola con un centinaio di alunni, attività ricreative, sportive, ambulatori medici di primo soccorso e uno sportello di assistenza psicologica con personale specializzato. A tutti i volontari, – ha concluso Peled – al personale professionale e ai dirigenti impegnati sul campo va il ringraziamento sincero mio e di tutto il Maccabi Mondiale”.

    Molte sono le storie degli ospiti di Kfar Maccabiah: Shaidi Gan Ner ha un figlio militare, ferito durante le operazioni sulla Striscia di Gaza, è stato portato all’ospedale di Tel Hashomer. “Sono stato accolto dal CEO del Maccabi Mondiale Amir Gissin – racconta – mi ha detto: qui non lasciamo soli i famigliari dei feriti di guerra. Siamo qui per aiutarvi”.

    Moran del Moshav Yachini, nella zona di Shaar HaNegev, è giunta con i suoi due figli di 7 e 1 anno insieme ad un centinaio di sopravvissuti ai massacri. “Un rifugiato nella propria terra è una sensazione molto difficile da metabolizzare. Quando siamo arrivati qui ci pareva di essere in un’isola di pace – ha spiegato Moran – ognuno di noi ha vissuto esperienze tremende, con grande fatica cerchiamo di recuperare, di riprendere a vivere. Abbiamo trovato una casa, un microcosmo protetto di Am Israel. Le fanno eco le mamme di un gruppo di bambini di Ashkeon: “I miei figli hanno gradualmente riconquistato la fiducia di stare all’aperto, – spiegano – camminare senza avere paura. Una protezione necessaria. Abbiamo necessità di ritrovare una normalità se di normalità di può parlare. Dicono che il Signore è nelle piccole cose, qui a Kfaa Maccabiah è quello che apprezziamo in ogni momento”.

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