L’ultima frontiera della cura al cancro arriva dall’Università di Tel Aviv, dove i ricercatori hanno sviluppato nanoparticelle che dissolvendosi sono in grado di incapsulare due diversi farmaci antitumorali, aumentando l’efficacia delle cure e riducendo gli effetti collaterali. Al momento questa nuova metodologia è stata prevista per il trattamento del cancro alla pelle (BRAF e MEC) e al seno (PARP e PD-L1).
La ricerca è stata condotta dalla Professoressa Ronit Satchi-Fainaro e dalla dottoranda Shani Koshrovski-Michael del dipartimento di Psicologia e Farmacologia dell’Università di Tel Aviv, in collaborazione con altri professori del medesimo ateneo e da ricercatori di diverse nazionalità dell’Istituto Israeliano di Ricerca Biologica.
“Attualmente, il trattamento del cancro prevede spesso la combinazione di più farmaci che agiscono in sinergia per potenziare il loro effetto antitumorale” ha spiegato la Prof.ssa Satchi-Fainaro nel comunicato stampa. “Tuttavia, questi farmaci differiscono nelle loro proprietà chimiche e fisiche, come la velocità di degradazione, il tempo di circolazione nel flusso sanguigno e la loro capacità di penetrare e accumularsi nel tumore. Pertanto, anche se vengono somministrati più farmaci contemporaneamente, questi non arrivano al tumore allo stesso tempo e i loro effetti combinati non si realizzano pienamente. Per garantire la massima efficacia e la minima tossicità, abbiamo cercato un modo per somministrare due farmaci contemporaneamente e selettivamente al sito del tumore, senza danneggiare gli organi sani”.
Gli scienziati hanno sviluppato nanoparticelle polimeriche biodegradabili, che si dissolvono in acqua ed anidride carbonica entro un mese, e sono in grado di incapsulare due farmaci diversi. Le nanoparticelle si legano alla P-selectina, una proteina che si trova nelle cellule tumorali e sui vasi sanguigni formati dalle cellule tumorali, per fornire loro ossigeno e altri nutrienti.
I test condotti su modelli 3D sembrano molto promettenti e hanno mostrato la riduzione significativa di tumori, prolungando il tempo di progressione di 2,5 volte rispetto ai trattamenti standard. Inoltre i topi trattai con le nanoparticelle hanno vissuto tre volte tanto rispetto ai topi non trattati ed il doppio rispetto a quelli che hanno ricevuto farmaci gratuiti. Le nanoparticelle hanno anche attraversato la barriera ematoencefalica, consentendo il trattamento di metastasi cerebrali senza provocare danni al tessuto cerebrale sano.
La Prof.ssa Satchi-Faisano ha inoltre spiegato che in futuro questo studio potrà adattarsi al trattamento di altri cancri come quello al pancreas o al glioblastoma.