Quest’anno la data del 9 Av (Tishà Beàv) viene a cadere di Shabbat, giorno in cui sono in linea di massima proibiti il digiuno e molte manifestazioni di lutto. Ciò comporta dover spostare tali osservanze in altro giorno. A deroga del principio generale per cui si tende ad attuare le Mitzwòt prima possibile e quindi ad anticipare, nel nostro caso il Digiuno viene posticipato al giorno successivo, domenica 10 Av. Il motivo addotto dai Maestri è che “non si anticipa mai una punizione” per subire la quale c’è sempre tempo. Questa evenienza crea di fatto due serie di particolarità: 1) quelle legate alla posticipazione del Digiuno al giorno dopo e 2) quelle legate al fatto di osservare il Digiuno a Motzaè Shabbat. Ma vediamo le principali ad una ad una.
Secondo l’opinione prevalente non sono quest’anno in vigore le restrizioni da osservarsi nella settimana in cui cade il 9 Av a partire da Motzaè Shabbat precedente fino a dopo il Digiuno, sebbene la data del 9 Av cada essa stessa di Shabbat e quindi a rigore dovrebbe trovarsi a conclusione di quella settimana. In realtà la Halakhah viene stabilita in modo facilitante: osservandosi il Digiuno di domenica si considera sotto questo profilo come se il 9 Av fosse appunto domenica e non Shabbat: all’inizio, dunque, e non alla fine della settimana. Ne consegue che quest’anno i Sefaraditi potranno radersi, tagliarsi i capelli, lavarsi completamente con acqua calda, fare il bucato ed indossare abiti di bucato fino al venerdì pomeriggio, vigilia di Shabbat Chazòn 9 Av (gli Ashkenaziti, invece, usano rigore nel radersi e tagliarsi i capelli per tutte tre le settimane, e nel bagno e bucato a partire da Rosh Chòdesh).
Vi è discussione fra i Posseqim se Shabbat stesso 9 Av comporti comunque osservanze di lutto aldilà del divieto di digiunare. Nel lutto dei sette giorni per la morte di un congiunto, infatti, lo Shabbat sospende per la durata della giornata le manifestazioni di lutto palese (be-farhessia), ma mantiene in vigore quelle di lutto privato (be-tzin’a): rilevanti fra queste ultime il divieto di studiare Torah (ad esclusione della Parashah settimanale) e il divieto di avere rapporti coniugali. Molti sostengono peraltro che tale rigore sia valido soltanto se il lutto era già presente prima di Shabbat, mentre a proposito di Tishà Beàv se cade di Shabbat il lutto non debba essere osservato del tutto. Sono di questo avviso più facilitante in genere i Posseqim Sefaraditi, mentre i Posseqim Ashkenaziti ritengono che vadano comunque tenute presenti le limitazioni allo studio della Torah in vigore per Tishà Beàv anche se è Shabbat, e che il rapporto coniugale sia da vietarsi a meno che la moglie non abbia effettuato la Tevilah (bagno rituale) proprio venerdì sera. Qualsiasi contatto fisico fra marito e moglie dovrebbe essere proibito, secondo questa linea, come se fosse Yom Kippur.
Non viene consumata la Se’udah Mafseqet (il pasto finale della vigilia) con l’uovo sodo seduti per terra ciascuno per conto suo prima di cominciare il Digiuno. Nel tardo pomeriggio di Shabbat si osserva la Se’udah Shelishit come di consueto, mangiando carne e bevendo vino in abbondanza, -dicono i Maestri – “come i banchetti che soleva tenere il re Shelomoh”. È pure permesso cenare in compagnia, purché si sia soliti farlo ogni Shabbat. È però necessario terminare prima del tramonto, ancorché lo Shabbat duri per un’altra ora circa, fino all’uscita delle prime tre stelle: l’astensione dal cibo nell’ultima ora dello Shabbat, infatti, non evidenzia per forza una manifestazione di lutto, e quindi va osservata. Le scarpe di cuoio vanno invece tenute ai piedi fino a dopo Barekhù di ‘Arvit (se la Tefillah è recitata immediatamente all’uscita di Shabbat; solo il Chazan si scalzerà prima di We-Hu rachùm per non distogliere la propria attenzione dalla preghiera).
Se si accendono le luci prima di ‘Arvit, o comunque prima di eseguire qualsiasi Melakhah terminato Shabbat, si deve premettere la recitazione della formula (Barukh) ha-Mavdil beyn Qodesh le-Chol. Si recita Attah Hivdalta/Attah Chonantanu nella 4^ Berakhah della ‘Amidah di ‘Arvit, come ogni Sabato sera; chi se ne fosse dimenticato non ripete (come sempre). Non si reciteranno i Salmi introduttivi alla Tefillah, nè Wi-hi No’am, né i versetti prima di We-attah Qadosh (che si riferiscono alla promessa di ricostruire il Tempio), e neppure We-yitten lekhà.
Non si effettuerà la Havdalah sul calice di vino prima che sia terminato il Digiuno, e quindi fino a domenica sera. Sabato sera appena diventa notte osservando la luce di una candela si reciterà la sola Berakhah Borè Meorè ha-Esh. Per consuetudine la si recita subito dopo la ‘Amidah di ‘Arvit prima della lettura di Ekhah sul lume che verrà poi adoperato per la lettura stessa. Una spiegazione mette in relazione questa usanza con il versetto di Ekhah in cui il Profeta Yirmeyahu, a nome del popolo d’Israel in esilio, lamenta: “(H.) mi ha fatto sedere al buio come i morti”. La reazione naturale a questo stato di cose è… accendere il lume! Non si recita invece la Berakhah sui profumi, perché si deve evitare ogni forma di godimento a Tishà Beàv, sebbene odorare profumi non sia compreso fra le cinque “afflizioni” e in linea di principio non sia proibito. Dal momento che questa operazione si esegue per compensare la perdita della “seconda anima” sabbatica, non recitandosi la Berakhah sui profumi immediatamente sabato sera, per questa settimana non la si recupera più.
Come si è detto, la Berakhah sul vino e Ha-Mavdil si recitano solo a Motzaè Tishà Beàv. Non è permesso mangiare e bere nulla prima della Havdalah. Pertanto gli ammalati che sanno a priori che non digiuneranno effettueranno la Havdalah sabato sera regolarmente, facendo uscire d’obbligo i famigliari. Anche chi è costretto ad interrompere il digiuno a metà giornata deve effettuare la Havdalah prima di mangiare o bere qualsiasi cosa. Un suggerimento utile in questi casi è tenere a disposizione una bottiglia di succo d’uva (kasher) per ogni evenienza. Domenica sera, dopo aver effettuato la Havdalah e mangiato qualcosa si reciterà la Birkat ha-Levanah (benedizione per la luna crescente) come di consueto.
Come è noto, l’incendio del Santuario iniziato verso la fine del 9 Av si protrasse per tutto il 10. Sebbene i Maestri abbiano ritenuto più luttuosa la giornata in cui la sciagura è cominciata e abbiano preferito stabilire il Digiuno per quel giorno, hanno ugualmente proibito di mangiare carne e bere vino fino a dopo mezzogiorno (solare) del 10 Av. Dal momento che quest’anno il Digiuno è già posticipato al 10 Av, i divieti in questione restano in vigore solo per la sera al termine del digiuno a causa del carattere luttuoso della giornata, ma l’indomani diventa subito tutto permesso.
Che il S.B. ci trasporti al più presto mi-yagon le-simchah u-me-èvel le-yom tov.