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    Parashà di Vayshlàkh: L’effetto deterrente dell’azione di Shim’on e Levi

    Ritornando da Charàn, Ya’akov acquistò dai figli di Chamòr, re di Shekhèm, un terreno per accamparsi. La figlia Dina andò a vedere le ragazze del paese e in quell’occasione il principe che si chiamava Shekhèm come la città, figlio di Chamòr la rapì e la violentò. Poi chiese al padre Chamòr di rivolgersi a Ya’akov per chiedere Dina in moglie. Ya’akov, venne a sapere del fatto e non disse nulla aspettando di consigliarsi con i figli che erano andati a pascolare i gregge.  

    R. Avraham Saba’ (Castiglia, 1440-1508, Verona?) in Tzeròr Hamòr, commenta che Ya’akov non disse nulla perché non era capace di mentire. Furono i figli Shim’on e Levi, che dissero che non potevano acconsentire a un matrimonio con un uomo incirconciso. Quando poi tutti gli abitanti della città si circoncisero, Shim’on e Levi sfruttarono il fatto che i cittadini erano convalescenti per entrare in città, uccidere gli uomini e portare via la sorella Dina. R. Saba’ afferma che l’azione di Shim’on e Levi fu un atto preventivo perché Chamòr e Shekhèm per convincere i sudditi a circoncidersi avevano detto che “il loro gregge e le loro proprietà saranno cosa nostra” (Bereshìt, 34:23). Chamòr e Shekhèm avevano indicato ai sudditi che valeva la pena circoncidersi e poi attaccare Ya’akov e la sua famiglia e impadronirsi di tutto quello che avevano. In effetti, secondo r. Saba’, i figli di Ya’akov nascosero le loro intenzioni a Chamòr e Shekhèm, e quest’ultimi fecero lo stesso con Ya’akov e i suoi figli. Alla fine prevalsero coloro che agirono per primi. L’azione di Shim’on e Levi fu quindi giustificata per due motivi: l’atto criminale  di Shekhèm era rimasto impunito e i cittadini erano complici nel delitto; e le intenzioni di Chamòr e Shekhèm non erano affatto pacifiche.

    Il Nachmanide (Girona, 1194-1270, Acco) commenta che Ya’akov era presente all’incontro con Chamòr e Shekhèm. Se non era d’accordo con i figli perché non lo aveva detto in quell’occasione? E inoltre, cosa pensava Ya’akov di fare per salvare la figlia? Era possibile che pensasse di abbandonarla nelle mani di chi l’aveva violentata? Il Nachmanide risponde che Ya’akov pensava che i figli volevano solo entrare in città e liberare la sorella.

    R. Naftali Tzvi Yehuda Berlin (Belarus, 1816-1893, Varsavia) commenta che Ya’akov era un uomo di pace e voleva evitare conflitti e disse ai figli che gli avevano rovinato la reputazione nei confronti dei Cananei e dei Perizei, abitanti del paese che, se lo avessero attaccato, avrebbero potuto distruggere lui e tutta la famiglia (ibid., 34:30). Shim’on e Levi risposero: “Non potevamo permettere che nostra sorella venisse trattata come una prostituta” (ibid., 34:31).  

    R. Chayim Ibn ‘Attar (Marocco, 1696-1743, Gerusalemme) in Or Ha-Chayìm si sofferma sulla risposta di Shim’on e Levi al padre Ya’akov.  Egli  afferma che Shim’on e Levi risposero che sarebbe stato peggio se non avessero fatto nulla; perché quando gli abitanti delle città circostanti si sarebbero resi conto che gli ebrei erano in grado di prendere le armi per reagire ai soprusi, avrebbero avuto anche loro timore di Ya’akov e dei suoi figli. E così avvenne. Alla fine dell’episodio viene raccontato che “Partirono e un’enorme paura assalì le città  circostanti, così che non inseguirono i figli di Ya’akov” (ibid., 35:5). L’azione di Shim’on e Levi servì da deterrente.

    Sul letto di morte Ya’akov disse: “Shim’on e Levi sono fratelli. Le loro spade sono strumenti di violenza […]. Li sparpaglierò in Israele” (ibid., 49:6-7). R. Berlin commenta: “È pericoloso che stiano insieme, ma è utile che qualcuno di loro abiti tra altri israeliti perché talvolta ce n’è bisogno”.    

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