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    Parashà di Sheminì: Chi fa una mitzvà riceve due berakhòt

    La parashà  descrive quello che avvenne dopo i sette giorni dell’investitura (miluìm) di Aharon e dei suoi figli come kohanim. Nell’ottavo giorno, che era il giorno dell’inaugurazione del Mishkàn, Moshè chiamò Aharon, i suoi figli e gli anziani d’Israele, e disse ad Aharon di prendere un torello come sacrificio di espiazione per i peccati (chattàt) e un montone com olocausto (‘olà) (Vaykrà, 9:1-2). 

                Ai figli d’Israele Mosè disse di prendere un capro come sacrificio di chattàt, un torello e una pecora entrambi di un anno come olocausto, un toro e un montone come sacrifici di pace (shelamìm) e un’offerta farinacea mista con olio (minchà belulà ba-shèmen) (ibid., 3–4).

                Aharon fece i sacrifici secondo le istruzioni che Moshè aveva ricevuto dall’Eterno. Al termine del servizio è scritto: “Aharon alzò le sue braccia verso il popolo e lo benedisse e discese dopo aver fatto il chattàt, la ‘olà e i shelamìm” (Vaykrà, 9:22).

                Successivamente “Moshè  ed Aharon entrarono nel Mishkàn, ne uscirono e benedissero il popolo,  e la gloria dell’Eterno apparve a tutto il popolo” (ibid., 23). Questo versetto è oggetto di un commento di Rashì (Troyes, 1040-1105). Nel versetto è scritto che Moshè ed Aharon entrarono nel Mishkàn e ne uscirono senza dire però cosa fecero. Rashì scrive: “Perche entrarono? Ho trovato (il seguente testo) nel (MidràshToràt Kohanìm: «Perché Moshè  entrò insieme con Aharon? Per insegnargli come fare il servizio del profumo» (il ketòret, la cui polvere doveva essere sparsa sui carboni ardenti nel giorno di Kippur per generare il profumo nell’area dove si trovava l’arca con le tavole della legge)”. [Questa è una delle tante prove che senza la tradizione orale, in molti passi il testo della Torà non è comprensibile].

                R. Moshè Feinstein (Belarus, 1895-1986, New York) nella sua opera Kol Ram fa notare che nei  due versetti succitati (22 e 23) è scritto che Aharon diede una berakhà (benedizione) e poi Moshè ed Aharon diedero un’altra berakhà. Perché era necessario dare due berakhòt? E qual è  la differenza tra le due? E perché la prima berakhà  la diede Aharon da solo e la seconda insieme con Moshe?  Rashì  spiega che la prima berakhà, quella data da Aharon, era la nostra birkàt kohanìm, pertanto la seconda era una berakhàaddizionale. R. Feinstein spiega che entrambe le benedizioni erano necessarie. Quando una persona fa una mitzvà anche senza intenzione, merita immediatamente una berakhà. Questo lo afferma Rashì  che cita r. El’azar ben ‘Azarià (ibid, 5:17): “La scrittura ha stabilito una berakhà per colui al quale è capitata una mitzvàsenza che lo sappia. Se per esempio qualcuno aveva una moneta in tasca e gli è caduta ed è stata trova da un povero che l’ha usata per sostenersi, il Santo Benedetto ha stabilito per lui una berakhà”.  

                R. Feinstein aggiunge che se chi ha perduto la moneta avesse saputo che un povero ne avrebbe beneficiato sarebbe stato lieto di averla perduta. Pertanto anche se ha compiuto la mitzvà  senza saperlo riceve ugualmente una ricompensa. Questa è la ricompensa che ricevono in modo uguale tutti coloro che compiono una mitzvà. Tuttavia, oltre a questa ricompensa ve ne è un’altra che si riceve a seconda del modo in cui si è fatta la mitzvà, come il pensiero, l’intenzione e la felicità nell’atto della mitzvà. In questo non sono tutti uguali. 

                Per questo motivo furono necessarie due berakhòt: la prima, uguale per tutti, per il semplice compimento della mitzvà. E per questa berakhà era sufficiente Aharon da solo. La berakhà addizionale era per il modo in cui viene fatta la mitzvà, ognuno secondo il suo livello, e per questa era necessaria anche la partecipazione di Moshè.          

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