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    Parashà di Shelàkh: Origine, significato e scopo dello tzitzìt

    Alla fine della parashà dopo l’episodio degli esploratori e il rifiuto di proseguire per la Terra Promessa che condannò il popolo ad altri trentanove anni nel deserto, l’Eterno diede ordine a Moshè di dire ai figli d’Israele di fare delle frange (tzitziòt) ai loro vestiti, mettendo su ogni frangia (tzitzìt) nei quattro angoli del vestito un filo di lana azzurra (petìl tekhèlet) (Bemidbàr, 15: 37-41). Qual è l’origine, il significato e lo scopo dello tzitzìt?  

                R. Eli’ezer Ashkenazi (Italia, 1512-1585, Cracovia) che fu rav a Cremona, ebbe da commentare sulla parola “petìl” (filo) già nella parashà di Vayèshev, nel racconto di Yehudà e Tamàr. Yehudà aveva tre figli: ‘Er, Onàn e Shelà. Yehudà aveva scelto Tamàr come moglie per ‘Er. ‘Er morì e Yehudà, seguendo l’usanza del levirato che prevedeva che un fratello o un altro parente del deceduto ne sposasse la vedova, disse a Onàn di prendere in sposa Tamàr. Ma anche Onàn morì e Yehudà, temendo che anche il figlio Shelà sarebbe morto, disse a Tamàr di tornare a casa del padre ed aspettare che Shelà fosse cresciuto. Tamàr si rese conto che Yehudà tergiversava e decise di andare a parlare con lui. Venuta a sapere che Yehudà stava andando a Timnà per la tosatura del gregge, si tolse i vestiti di vedova e si appostò sulla via per Timnà per incontrare Yehudà. Yehudà non la riconobbe, credette che fosse una prostituta e offrì di mandarle un agnello in pagamento. Tamàr, che era venuta solo per parlare con Yehudà, approfittò dell’occasione e chiese come garanzia da parte di Yehudà il suo sigillo, il suo bastone e i suoi fili (petilèkha).  


    Le frange, scrive R. Ashkenazi venivano usate dagli ismaeliti nei loro vestiti come segno del loro clan. Ogni principe aveva una bandiera con un suo colore e i suoi sudditi avevano lo stesso colore nei fili delle frange dei loro vestiti. Le frange con i loro fili colorati erano un segno inconfondibile che serviva a identificare il clan. In questo modo Tamàr si assicurò di avere le prove necessarie per dimostrare che era rimasta incinta da Yehudà. 

                Rav Ashkenazi aggiunge che ancor prima che fosse data la Torà al popolo d’Israele, vi era questo uso, di mettere delle frange nei quattro angoli del vestito. Solo dopo il Sinai l’usanza divenne una mitzvà. Per questo nella Torà è scritto: “Esse saranno per voi delle frange, le quali, quando le vedrete, ricorderete tutti i precetti dell’Eterno e li eseguirete…” (Bemidbàr, 15:39). Come dire: fino ad ora avete messo nei vostri vestiti delle frange come segno senza un numero definito di fili e di nodi e senza il colore tekhèlet (azzurro); da ora in poi  le seguenti generazioni faranno di ogni frangia uno tzitzìt con dei nodi, così come si fanno i nodi nel fazzoletto, per ricordare le mitzvòt, con sei fili bianchi e uno di lunghezza doppia di color tekhèlet da annodare attorno agli altri. 

                R. Avraham ibn ‘Ezra (1089, Tutela – Calahorra, 1167) nel suo commento alla Torà dice che coloro che pregano con il tallìt durante la tefillà fanno così al fine di leggere nello Shema’ le parole “E sarà per voi uno tzitzìt” ed “E farete per voi uno tzitzìt”.  Egli aggiunge che ritiene che sia molto più importante avere i tzitziòt nelle ore di lavoro piuttosto che con il tallìt durante la tefillà. Lo scopo dei tzitziòt è di ricordare le mitzvòt e di non commettere trasgressioni. Durante la tefillà non si commettono trasgressioni e non è necessario ricordare le mitzvòt come quando si svolgono altre attività. [Anche per questo si usa indossare il tallìt katàn sotto la camicia in modo da avere con se i tzitziòt durante tutta la giornata].

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