Skip to main content

Ultimo numero Marzo – Aprile 2025

Scarica l’inserto di Pesach

Contatti

Lungotevere Raffaello Sanzio 14

00153 Roma

Tel. 0687450205

redazione@shalom.it

Le condizioni per l’utilizzo di testi, foto e illustrazioni coperti da copyright sono concordate con i detentori prima della pubblicazione. Qualora non fosse stato possibile, Shalom si dichiara disposta a riconoscerne il giusto compenso.
Abbonati







    IDEE - PENSIERO EBRAICO

    Parashà di Pekudè: L’opera indistruttibile

    La parashà si apre con il resoconto che Moshè diede al popolo sull’uso fatto con i metalli preziosi e le altre cose che avevano donato per la costruzione del Mishkàn: “Questi sono i conti del tabernacolo, del tabernacolo della testimonianza, che furono fatti per ordine di Moshè, per cura dei Leviti, sotto la direzione di Itamar, figlio del sacerdote Aharon. Betzalel, figliuolo d’Uri, figliuolo di Hur, della tribù di Yehudà, fece tutto quello che l’Eterno aveva ordinato a Moshè, avendo con sé Oholiab, figlio di Achisamakh, della tribù di Dan, scultore, disegnatore, e ricamatore di stoffe azzurre, porporine, scarlatte e di lino fino” (Shemòt, 38: 21-23).

    ‘Ovadià Sforno (Cesena, 1475-1550, Bologna) commenta che tutti gli articoli qui contati erano importanti e meritavano di essere considerati individualmente e non come parte di una categoria. Questo valeva in particolare per gli oggetti sacri che dovevano venire trasportati dai leviti della famiglia di Kehat, che erano responsabili dell’arca con le tavole della legge. Tutti gli oggetti e i materiali che contribuirono alla costruzione del Mishkàn non caddero mai nelle mani dei nemici, come invece accadde con il Bet Ha-Mikdàsh costruito da re Shelomò che fu distrutto da Nevukhadnetzar, re di Babilonia. Infatti nel libro dei re (II, Melakhìm, 25, 13-17) tra il bottino portato via dai babilonesi non appare nulla del Mishkàn.

    Sforno aggiunge che i costruttori del Mishkàn, come Betzalel, erano persone di nobile lignaggio e tra i giusti della generazione. Pertanto nel Mishkàn vi fu la Presenza divina (Shekhinà), e il Mishkàn non cadde mai nelle mani del nemico. Il Bet Ha-Mikdàsh che fece costruire re Shelomò fu invece costruito da artigiani stranieri (I, Melakhìm, 7:13).

    Il secondo Bet Ha-Mikdàsh, che fu costruito da coloro che ritornarono in Eretz Israel dopo settanta anni di esilio babilonese, non ebbe neppure la stessa kedushà del primo e anch’esso cadde nelle mani del nemico. Inoltre non aveva le tavole della legge e fu costruito per ordine di re Ciro, come scritto nel libro di ‘Ezra:”Nel primo anno di Ciro, re di Persia, affinché s’adempisse la parola dell’Eterno pronunziata per bocca di Geremia, l’Eterno destò lo spirito di Ciro, re di Persia, il quale, a voce e per iscritto, fece pubblicare per tutto il suo regno quest’editto: Così dice Ciro, re di Persia: L’Eterno, l’Iddio dei cieli, mi ha dato tutti i regni della terra, ed egli m’ha comandato di edificargli una casa a Gerusalemme, che è  in Giudea. Chiunque tra voi è del suo popolo, sia il suo Dio con lui, e salga a Gerusalemme, che è  in Giudea, ed edifichi la casa dell’Eterno” (‘Ezra 1:1-3). Tornarono dalla Babilonia poco più di quarantamila uomini e tra di loro non vi erano leviti (‘Ezra, 8:15) e tra coloro che si occuparono della costruzione vi erano artigiani di Tiro e di Sidone.

    Nel midràsh (Tanna de-be Eliyahu Rabbà, 25), è raccontato che il re Shelomò costruì un magnifico palazzo in onore dell’Eterno sul Monte del Tempio, al di fuori delle mura di Gerusalemme. Pertanto non vi fu più bisogno del Mishkàn. Le componenti del Mishkàn furono messe al sicuro all’interno della montagna. Poiché era stato costruito da persone giuste non fu mai distrutto. È ancora li, indistruttibile, in attesa del ritorno della Presenza divina.

    CONDIVIDI SU: