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    IDEE - PENSIERO EBRAICO

    Parashà di Lekh Lekhà: Il patriarca Avraham, maestro di monoteismo e generale dell’esercito

    Il Maimonide (Cordova, 1138-1204, Il Cairo) nel Mishnè Torà (Hilkhòt Avodàt Kokhavìm, cap. 1) descrive come il patriarca Avraham iniziò la sua missione di diffondere il monoteismo con queste parole:

    “Quando [a Ur Casdìm] vinse [gli idolatri] con la forza dei suoi argomenti, il re lo volle uccidere. Fu salvato tramite un miracolo e partì per Charan. [Lì,] cominciò a chiamare a gran voce tutte le persone e a informarle che c’è un solo Dio nel mondo intero ed è giusto servirLo. Andava e chiamava e radunava il popolo, da città a città e da uno stato all’altro, finché giunse alla terra di Canaan, proclamando [l’esistenza di Dio per tutto il tempo], come è detto [Bereshìt, 21:33]: «E chiamò lì nel nome del Signore, l’eterno Dio». Quando le persone si radunavano attorno a lui e chiedevano spiegazioni delle sue parole, le spiegava a ciascuno di loro secondo la sua comprensione, finché non lo faceva tornare sulla via della verità. Alla fine, migliaia e miriadi si radunarono attorno a lui. Questi sono gli uomini della casa di Avraham”.

    Arrivato nella terra di Canaan, Avraham si stabilì a Chevron con i suoi discepoli. Il nipote Lot, che era venuto con lui da Charan, attratto dalla ricchezza del luogo, andò a vivere a Sodoma, allontanandosi dallo zio Avraham e dai suoi insegnamenti, nonostante la nota perversità imperante in quella città. Tuttavia, quando arrivò la notizia che i quattro re della Mesopotamia avevano preso Lot prigioniero, con tutti gli abitanti di Sodoma, Avraham dovette cambiare ruolo, da maestro di monoteismo a generale dell’esercito. In questo passo della Torà è scritto:

    “E [i vincitori] presero tutte le ricchezze di Sodoma e di Gomorra e tutti i loro viveri, e se ne andarono. Presero anche Lot, figlio del fratello di Avraham, che abitava a Sodoma, e tutti i suoi averi e se ne andarono. E uno degli scampati venne a dirlo ad Avraham l’ebreo, che abitava alle querce di Mamre l’amoreo, fratello di Eshcol e fratello di Aner, i quali avevano fatto alleanza con Avraham. E quando Avraham sentì che suo nipote era stato fatto prigioniero, armò trecentodiciotto suoi discepoli, nati in casa sua, ed inseguì [i re] fino a Dan. E, divisa la sua schiera per assalirli di notte, egli coi suoi servi li sconfisse e l’inseguì fino a Chovà, che è a nord di Damasco. E riportò indietro il bottino, e  anche Lot suo nipote con  i suoi averi e anche le donne e il popolo” (Bereshìt, 14:11-16).

    1. Naftali Zvi Yehuda Berlin (Belarus, 1816-1893, Varsavia) in Ha’amèk Davàr (Bereshìt, 14:14) commenta che a Dan i quattro re si fermarono per riposare non pensando che Avraham li avrebbe attaccati di notte. Invece Avraham fece proprio così e li sorprese mentre dormivano. I sopravvissuti fuggirono verso il nord oltre a Damasco. Fino a Dan fu Avraham che condusse le truppe. Da Dan, che è al confine di Eretz Israel, a Damasco, lo fece Eli’ezer. Per questo Eli’ezer fu chiamato “uomo di Damasco”.

    Il Nachmanide (Girona, 1194-1270, Acco) commenta che Avraham, con l’aiuto divino, riuscì a raggiungere i quattro re della Mesopotamia, andando a marce forzate, compiendo in una sola giornata una distanza di più giorni.

    Nel Yalkut Me’am Lo’ez l’autore osserva che è strabiliante il fatto che Avraham si mise in un tale pericolo andando a combattere contro quattro re con truppe più numerose delle sue. Tanto più che nella parashà di Noach, aveva scritto che una persona non deve mettersi in pericolo sperando nel miracolo. Per rispondere a questa sua domanda egli cita lo Zòhar (Bereshìt, 14:15) dove è scritto che Avraham non pensava che sarebbe stato necessario combattere. Riteneva di poter riscattare Lot come ostaggio, pagando la somma che gli avrebbero domandato. Ma durante l’inseguimento egli vide che la Presenza divina gli dava luce ed era accompagnato da angeli e pertanto si fece forza e decise di combattere.

    1. Hershel Schachter (Scranton, 1941-) in Insights and Attitudes (p. 17) commenta che Avraham sapeva che aveva l’obbligo morale di andare in guerra e aveva il coraggio di farlo anche con un piccolo esercito. Né lui né la sua immediata famiglia erano in pericolo, ma sapeva che era la cosa giusta da fare.
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