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    Parashà di Ki Tetzè: Come trattare i dipendenti

    In questa parashà la Torà insegna che i dipendenti vanno pagati in tempo, con queste parole: “Non trattenere il salario dovuto al tuo dipendente povero o bisognoso, sia lui uno dei tuoi fratelli [israeliti] o uno straniero che risiede nella tua terra e in una delle tue città. Lo dovrai pagare nello stesso giorno in cui è dovuto prima del tramonto del sole. Poiché è povero e la sua vita dipende da esso, fai sì che non si rivolga all’Eterno e tu sia peccatore” (Devarìm,24: 14-15).   

                L’autore catalano del Sefer Ha-Chinukh (XIII sec.), cita il talmud babilonese (Bavà Metzià, 110a) dove i maestri insegnano che la mitzvà di pagare il dipendente vale sia per un dipendente israelita, sia per un non ebreo che ha ricevuto il permesso di residenza in Eretz Israel, grazie al fatto che ha accettato di osservare le Sette Leggi dei Noachidi. Il motivo della mitzvà è evidente. La maggior parte dei dipendenti hanno bisogno di essere pagati al termine della giornata, o della settimana di lavoro. Con questa come per altre  mitzvòt  il Creatore ha voluto inculcare in noi il senso della misericordia e della benevolenza nei confronti del prossimo. 

                Nel Sèfer Ha-Chinùkh è anche scritto che questa mitzvà vale sia per lo stipendio, sia per il noleggio di animali (oggi diremmo, automobili). La mitzvà non è limitata ai dipendenti ma vale anche quando si ingaggia un fornitore di servizi indipendente come per esempio, un idraulico, un imbianchino o anche un sarto. In quest’ultimo caso, quando l’abito è pronto e viene consegnato, il pagamento dev’essere immediato. Non vi è però l’obbligo di pagare prima della consegna. 

                R. Barukh Halevi Epstein (Belarus, 1860-1941), in Torà  Temimà (Devarìm, p. 427) aggiunge alcuni importanti dettagli tratti dalla Ghemarà. Il pagamento può essere dilazionato nei casi in cui il datore di lavoro e il dipendente si siano così messi d’accordo. La mitzvà vale anche per un dipendente che lavora a ore. Questo perché nel lavorare per il padrone si corrono dei rischi, per esempio, salendo su un albero per raccogliere la frutta o su una scala o sul tetto per fare riparazioni o costruzioni. Il datore di lavoro che non paga in tempo è peccatore anche se il dipendente non si rivolge all’Eterno. La differenza è che se il dipendente si lamenta con l’Eterno la punizione al datore di lavoro arriva più velocemente.

                R. Shimshon Refael Hirsch (Amburgo, 1808-1888, Francoforte) cita un versetto in Vaykrà (19:13) dove è scritta la proibizione di trattenere quanto è dovuto al prossimo. Egli spiega che in questa parashà  viene sottolineato il dovere di pagare in tempo il dipendente perché in genere ha bisogno di ricevere quanto gli è dovuto al termine del suo lavoro. In Vaykrà viene insegnato che la proibizione non è limitata a chi è bisognoso, ma vale per tutti i pagamenti anche se dovuti a persone benestanti. 

                R. Joseph Pacifici (Firenze, 1928-2021, Modiin Illìt) in Hearòt ve-He’aròt (p.220) commentando questo passo della parashà lamenta il fatto che a molte giovani che cercano lavoro vengono offerti posti di lavoro con il minimo di stipendio. Si può aggiungere che avviene di peggio quando si dà lavoro a nuovi immigranti e, approfittando della loro situazione, si pagano loro salari da fame.   

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