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    Parashà di Beha’alotekhà: Il libro incompiuto

    Questa parashà è divisa in due parti. La prima parte termina con i preparativi per l’entrata nella terra di Canaan. La seconda parte inizia con le lamentele dell’accozzaglia che era in mezzo al popolo che si lamentava di non aver carne da mangiare. Tra le due sezioni vi sono due versetti noti a tutti coloro che frequentano il bet kenèsset. Il primo versetto viene recitato o cantato quando si estrae il sèfer Torà dall’aron per la lettura della Torà e il secondo quando lo si ripone nell’aron al termine della lettura: “E avvenne che quando l’aron si dipartiva Moshè diceva: Sorgi o Eterno affinché vengano dispersi i Tuoi nemici e fuggano i Tuoi odiatori dinanzi a Te. E quando si posava diceva: Torna o Eterno con le miriadi delle tribù  d’Israele” (Bemidbàr, 10: 35-36). 

                Rashì  (Troyes, 1040-1105) fa notare che all’inizio e alla fine dei due versetti nella Torà vi è una lettera nun rovesciata. Riguardo alle parole “vengano dispersi i Tuoi nemici e fuggano i Tuoi odiatori“, egli commenta: “Sono i nemici d’Israele. Perché coloro che odiano Israele odiano Colui che ha creato il mondo”. 

                R. Yosef Shalom Elyashiv (Lituania, 1910-2012, Gerusalemme) in Divrè Aggadà (p. 271) cita un passo dal Talmud babilonese (Shabbàt, 115b-116a) nel quale i maestri riguardo a questi versetti dissero: “Il Santo Benedetto ha messo dei segnali [le nun rovesciate] all’inizio e alla fine di questi versetti […]. Rabbi Yehudà Hanassì dice: il motivo è l’importanza dei due versetti che costituiscono un libro a se stesso”. 

                R. Elyashiv scrive che secondo l’affermazione di Rabbi che questi versetti sono un libro a sé questi due soli versetti rappresentano diversi periodi nella storia del popolo d’Israele. Vi sono periodi nei quali il popolo è in sosta e altri nei quali è in movimento. Abbiamo visto nella nostra storia come l’aron, che rappresenta la Torà e i suoi studiosi, si è trasferita da un paese all’altro. Quando tramontò il sole della Torà in Eretz Israel, sorse il sole della Torà in Babilonia. Dalla Babilonia passò alla Spagna, all’Italia, alla Germania, alla Francia e poi venne un lungo tramonto con il trasferimento in Polonia. Avevamo sperato che dopo queste lunghe peregrinazioni la Torà sarebbe tornata a casa sua, qui in Eretz Israel e il Monte della Casa dell’Eterno sarebbe stato ben stabilito. E qui sarebbero venute anche le nazioni del mondo a dare omaggio all’Eterno. E invece siamo ancora in movimento, in attesa del tempo nel quale l’aron troverà il suo “riposo”. 

                R. Joseph Beer Soloveitchik (Belarus, 1903-1993, Boston) in Mesorav Harav (Bemidbàr, p. 80), commenta che i due versetti sono delimitati da due lettere nun rovesciate perché i racconti che seguono, delle ribellioni del popolo, hanno rovesciato e trasformato il nostro processo storico. La sezione della Torà che inizia con le parole  “Quando l’aron si dipartiva” doveva essere la continuazione della grande marcia trionfale verso la terra d’Israele ed avere luogo circa 3500 anni fa. Non ci sarebbe stato bisogno di una nun rovesciata all’inizio e alla fine del due versetti. I due versetti sarebbero stati l’apice della nostra storia. La storia ebraica avrebbe seguito un corso diverso. Se Moshè fosse entrato nella terra d’Israele l’era messianica sarebbe iniziata con la conquista della terra d’Israele da parte di Moshè. Secondo Rabbi Yehudà Hanassì che afferma che i due versetti sono un libro separato della Torà, se Moshè avesse condotto i figli d’Israele nella terra d’Israele questo libro sarebbe stato completato. La storia invece è stata diversa e tutto quello che è rimasto di una storia che non avuto luogo sono i due versetti. 

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