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    Il profondo significato del settimo giorno di Pèsach

    Rav Ghedalia Schorr (Polonia, 1910-1979, Brooklyn) in Or Ghedalyahu (Mo’adìm, p. 144) cita un Midràsh(Shemòt Rabbà, 19:8) dove è detto: “E non si dovrà vedere lievito presso di te per sette giorni. Questi sette giorni sono paralleli a quelli tra la redenzione (dall’Egitto) e la separazione del Mar Rosso. Come vi furono all’inizio sette giorni della creazione e come lo Shabbàt ha luogo una volta ogni sette giorni, così questi sette giorni (di Pèsach) hanno luogo una volta all’anno”. 

    Nel libri (chassidici) viene citato questo midràsh come prova che anche il settimo giorno di Pèsach è chiamato Shabbàt. Sappiamo già che il primo giorno di Pèsach è chiamato Shabbàt dal versetto “Dal giorno successivo allo Shabbàt, dal giorno in cui porterete lo ‘Omer come offerta di elevazione, conterete sette settimane complete” (Vaykrà, 23:15). È importante capire quali siano le caratteristiche di questi due “sabati”. Lo Shabbàt settimanale ha due caratteristiche: è la fine della settimana ed è anche l’inizio della settimana seguente perché lo Shabbàt dà forza ai sei giorni successivi, come scritto nello Zòhar ha-Kadòsh: “Da lui vengono benedetti tutti i sei giorni”. 

    R. Avrohom Bornsztain (Polonia, 1838-1910) rebbe di Sochatchov, nella sua opera Avnè Nèzer cita il Talmud Babilonese (Shabbàt, 69b) dove è detto: “Rav Huna disse: se qualcuno errava per la via o nel deserto e non sa quando è Shabbàt, conta sei giorni e osserva un giorno. Chiyà figlio di Rav dice: osserva un giorno e ne conta sei. Qual è la differenza tra queste due affermazioni? Un maestro sostiene che si segue il modello della creazione del mondo e l’altro, che si segue il modello di Adamo”. Il rebbe spiega che queste due caratteristiche sono presenti in ogni Shabbàt. Lo Shabbàt è la fine e il culmine dei sei giorni di attività e raccoglie tutte le forze della settimana, ed è come la creazione del mondo. L’altra caratteristica dello Shabbàt è che dà forza nei successivi giorni di attività, come la creazione di Adamo [che fu creato venerdì], quando lo Shabbàt diede forza alla settimana seguente. 

    Così è scritto nei libri [chassidici] che citano R. Schmelke Kornitzer di Nikolsburg (Polonia, 1826-1878, Moravia) quando parlò del passo del Talmud babilonese (Shabbàt, 118b) dove è detto: “Se Israele osservasse due Shabbetòt, si verificherebbe immediatamente per loro la redenzione”. Il primo Shabbàt dà forza ai giorni di attività che seguono. E quando i giorni di attività vengono elevati il secondo Shabbàt viene elevato, perché il secondo Shabbàt prende forza dai sei giorni di attività precedenti che a loro volta ricevettero forza grazie al primo Shabbàt.  Il primo e il settimo giorno di Pèsach rappresentano queste due caratteristiche dello Shabbàt, come viene spiegato qui di seguito. 

    Il primo giorno di Pèsach è chiamato Shabbàt perché Shabbàt ha una kedushà stabilita dai sei giorni della creazione e non dipende dalla kedushà di Israele, né dipende dalla ispirazione che viene dal basso (it’arutà de-le-tatà). Così è lo Yomtòv di Pèsach la cui kedushà scende dall’alto con ispirazione dall’alto (it’arutà de-le’elà) e per questo è chiamato Shabbàt. Ed ha la caratteristica dello Shabbàt che dà forza ai sei giorni di attività che seguono […]. Così pure quando i figli d’Israele uscirono dall’Egitto ricevettero dall’alto delle “grandi luci” e con questa forza [spirituale] uscirono dall’Egitto. 

    Quando i figli d’Israele arrivarono al mare dopo sei giorni dall’uscita dall’Egitto, grazie allo sforzo spirituale (‘avodà) di questi sei giorni arrivarono a raggiungere la caratteristica di fine settimana dello Shabbàt che raccoglie tutte le forze dei sei giorni di attività. Così pure il settimo giorno di Pèsach raccolse tutte le forze dei sei giorni precedenti e i figli d’Israele raggiunsero questa caratteristica dello Shabbàt dove, come nella creazione del mondo, lo Shabbàt è il culmine e la fine dei sei giorni di attività.     

                  

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