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    Fermare la minaccia iraniana è possibile

    E‘ passata meno di una settimana da quando l’Iran, rompendo un lungo silenzio sulle sue perdite in Siria, ha minacciato Israele di fare sfracelli se i suoi “consiglieri militari” e i mercenari che essi guidano saranno ancora attaccati. Il 22 novembre il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Saeed Khatibzadeh ha dichiarato in una conferenza stampa che “il regime sionista è ben consapevole che l’era del mordi e fuggi è finita e quindi sono molto cauti” (https://www.timesofisrael.com/iran-warns-israel-of-crushing-reply-to-hit-and-run-strikes-in-syria/). Peccato che nel frattempo ci siano state altre due nottate di attacchi israeliani sulla Siria, con molti militari iraniani e di Hezbollah neutralizzati, in rappresaglia al tentativo, fallito per fortuna, di attentati contro i soldati israeliani sul Golan per mezzo di mine piantate da terroristi filoiraniani sul loro percorso di guardia (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/292051). Ed è anche successo che uno dei capi del progetto di armamento nucleare iraniano sia stato “misteriosamente” eliminato a Teheran. Non si tratta semplicemente di episodi tattici della difesa di Israele dalla guerra  che continuano a organizzare gli ayatollah. E’ probabile che una presidenza Biden porti di nuovo, come ai tempi di Obama, a un consenso americano alle ambizioni imperialiste dell’Iran che lascerebbe i paesi arabi sotto una grave minaccia. Israele sta mostrando loro (e all’Iran e a Biden) che il campo per gli ayatollah non è libero, che è possibile resistere e fermare le aggressioni iraniane. Il senso storico degli “Accordi di Abramo” è questo: i paesi arabi sunniti, riconoscendo Israele e con il suo aiuto, possono difendersi dall’imperialismo persiano (e da quello turco che si sta consolidando). Da nemico giurato, Israele diventa l’alleato più importante dell’autonomia degli arabi, il loro esempio: uno sviluppo storico di cui bisogna essere grati a Trump.

     

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