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    DACIA MARIANI, GLI EBREI E IL REALISMO MAGICO

    In un corsivo proteso all’elogio del movimento delle c.d. ‘sardine’, Dacia Maraini (La nuova voglia di idealismo, Corriere della Sera, 24 dicembre 2019, p. 33), ha qualificato l’ebraismo in guisa di:

    – severa e vendicativa religione dei padri;

    – (fede che) non conosceva: a) il perdono, b) il rispetto per le donne, c) il rifiuto della schiavitù, d) il rifiuto della guerra;

    – molti dentro la Chiesa hanno rifiutato i principi del Vecchio Testamento: a) il suo concetto di giustizia come vendetta (occhio per occhio, dente per dente), b) la sua profonda misoginia, c) l’intolleranza, d) la passione per la guerra.

    Due giorni dopo, scrive che le dispiace se senza volere ha offeso la sensibilità di qualcuno, non avendo alcuna intenzione di criticare o offendere la religione ebraica; sostiene che non ha scritto un saggio sulla Bibbia ma solo un breve articolo di venti righe, semplificando per forza di cose, sulla nascita di Gesù bambino e su come le sue parole siano state poi tradite da una Chiesa cattolica troppo preoccupata del potere e gelosa delle sue prerogative. Soggiunge che non intendeva affatto riferirsi alla religione ebraica o alla Torah.

    Non è una facezia collegare le sardine alla ‘Liquid Modernity’ di cui al saggio del 2000 di Zygmunt Bauman, considerando che i partiti tradizionali sono svaniti, quelli nuovi stanno svanendo e quelli che subentrano non dipendono soltanto dal voto ma soprattutto dai sondaggi, ed il loro potere sembra variare con un’inedita accelerazione (“Modernity was born under the stars of acceleration and land conquest”, scrive Bauman, cit., p. 112).

    Entro un siffatto contesto, la realtà lascia l’ambito suo proprio e diventa romanzo; non è un caso che l’autrice di un corsivo politico sia una scrittrice di romanzi, a lungo legata ad Alberto Moravia, pietra miliare delle nostre lettere, i cui rapporti con l’ebraismo sono da romanzo gotico.  Beninteso, sono due persone diverse, e le loro virtù e difetti non possono essere mescolati. Ciò non toglie che la vicenda prima riportata dovrebbe essere ascritta, per dire, al realismo magico, non ai saggi, dove ci dev’essere un filo logico; peraltro, anche nelle lettere vi è sempre un qualche ordine. Qui non c’è. Purtroppo, i concetti esposti coincidono con i pregiudizi che subiscono i più deboli, ed in questo caso, gli ebrei. Sarebbe quindi necessario un chiarimento (vero, ammesso che nel Paese sia rimasto qualche cosa di vero) con la direzione del Corriere della Sera, atteso che quello dell’autrice sfugge alla nostra comprensione, perché non è giusto che gli ebrei italiani vivano questa mesta situazione.

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