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    IDEE - PENSIERO EBRAICO

    Beha’alotekhà: Il lamento di Moshè e i due sinedri

    In questa parashà assistiamo a una rara occasione nella quale Moshè si lamentò con il Signore:
    “E Moshè disse all’Eterno: Perché hai trattato così male il tuo servo? perché non ho io trovato grazia ai tuoi occhi, e hai messo il peso di tutto questo popolo su di me? L’ho forse concepito io tutto questo popolo? o l’ho forse dato alla luce io, che tu mi dica: Portalo nel grembo, come il balio porta il bimbo lattante, fino al paese che tu hai promesso con giuramento di dare ai suoi padri? Da dove avrei io della carne da dare a tutto questo popolo? Poiché piangono attorno a me, dicendo: Dacci da mangiare della carne! Io non posso, da me solo, portare tutto questo popolo; è un peso troppo grave per me. E se mi vuoi trattare così, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, ti prego di farmi morire, affinché io non deva vedere la mia sventura!” (Bemidbàr, 11: 11-15).

    R. Joseph Beer Soloveitchik (Belarus, 1903-1993, Boston) in Mesoras Harav (p. 84) osserva che Moshè aveva passato molti momenti di crisi. Il peggiore era stato quello del vitello d’oro. In quella e in altre situazioni aveva difeso il popolo con l’Eterno. In questo frangente sentiamo un eco del lamento di Moshè quando la sua prima missione dal faraone non ebbe successo. Ma allora Moshè aveva poca esperienza. Ora invece era il leader che aveva condotto il popolo fuori dall’Egitto. Per quale motivo era così scoraggiato? Il popolo non aveva commesso furti, non aveva ucciso nessuno, né commesso peccati sessuali. Il popolo aveva detto che era stanco di manna, manna e solo manna:
    “E l’accozzaglia che si trovava in mezzo loro, fu presa da concupiscenza; e anche i figli d’Israele cominciarono a piangere e a dire: Oh, se ci si desse da mangiare della carne! Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente, dei cocomeri, dei poponi, dei porri, delle cipolle e degli agli. E ora siamo come disseccati; non c’è più nulla! I nostri occhi non vedono altro che manna”(Ibid., 4-6).

    R. Soloveitchik commenta che questo incidente è molto differente da quello del vitello d’oro. Il vitello d’oro era il risultato di un terrore primitivo. Il popolo credeva che Moshè fosse morto. Avevano paura del deserto e rimasti senza il loro leader temevano per il loro futuro. Così, sentendosi abbandonati, volevano un vitello d’oro per rimpiazzare Moshè. Riguardo al vitello d’oro r. Yehuda Halevi nel suo Kuzari (I, 97:8) scrive che “…quel delitto non consistette nell’aver abolito il culto di Colui che li aveva fatti uscire dall’Egitto, ma nell’aver trasgredito uno dei Suoi precetti, perché Dio aveva proibito di farsi delle immagini…” (Trad. Di Elio Piattelli, Boringhieri, Torino, 1960).
    Ora nel deserto le proteste del popolo rappresentavano un diverso tipo di idolatria. Bisogna infatti distinguere tra idolatria come cerimonia e idolatria come stile di vita. Il paganesimo non si contraddistingue solo nell’adorazione di idoli, ma anche nel modo di vita da pagani. Il pagano vuole lussuria illimitata e ha un desiderio insaziabile, e non conosce la temperanza. Lo stile di vita pagano è la vera antitesi della vita della Torà che chiede di saper limitare i nostri desideri. La Torà odia più lo stile di vita intemperato del pagano che l’idolatria. In risposta al lamento di Moshè, l’Eterno gli disse:
    “Radunami settanta uomini degli anziani d’Israele, conosciuti da te come anziani del popolo e come aventi autorità sovr’esso; conducili alla tenda di convegno, e vi si presentino con te. Io scenderò e parlerò qui con te; prenderò dello spirito che è su te e lo metterò su loro, perché portino con te il carico del popolo, e tu non lo porti più da solo”(ibid. 16-17)

    R. Yesha’ya Bassan (Verona, 1673-1739, Reggio Emilia) in Lachmè Todà (16) citando lo Zòhar (Re’ayà Mehemnà, Vaykrà, 20) spiega che questo era il secondo sinedrio di settanta saggi che operò solo nel deserto sotto la direzione di Moshè. Il primo sinedrio era quello citato nella parashà di Mishpatìm dove è scritto: “Sali verso il Signore insieme con Aharon, Nadav e Avihu e settanta anziani d’Israele” (Shemòt, 24:1). Questo secondo sinedrio di Moshè serviva per la conduzione politica del popolo, mentre il primo sinedrio, sotto la direzione di Aharon, aveva il compito di giudicare il popolo.
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