Due scuole di Anderlecht, uno dei 19 comuni di Bruxelles, si sono rifiutate di partecipare alla cerimonia di posa delle Stolpersteine, le “pietre d’inciampo” in memoria degli ebrei belgi deportati e uccisi durante la Shoah. La motivazione ufficiale? “Non vogliamo imporre ai bambini una discussione sulla Shoah dato l’attuale contesto in Medio Oriente”.
Le scuole coinvolte, la Carrefour Primary School e l’Institut Communal Marius Renard, storicamente partecipavano alla commemorazione organizzata dall’Association pour la Mémoire de la Shoah (AMS). Quest’anno, però, hanno scelto di tirarsi indietro, ufficialmente per “evitare di importare conflitti nelle scuole”. Una giustificazione che non convince gli organizzatori della cerimonia né le istituzioni ebraiche europee. Zalc Meyer, presidente dell’AMS e lui stesso un sopravvissuto nascosto durante la Seconda Guerra Mondiale, ha espresso sdegno per questa decisione: “Non stiamo parlando della guerra in Medio Oriente, stiamo parlando della Shoah, della persecuzione degli ebrei dal 1940 al 1945. È impensabile che oggi, nel cuore dell’Europa, la memoria della Shoah venga sacrificata per timori politici o per non turbare alcune sensibilità”.
L’AMS ha sottolineato come episodi simili non si fossero mai verificati prima. In passato, anche in contesti delicati, le commemorazioni delle Stolpersteine hanno sempre avuto il pieno appoggio delle scuole locali. “Questa è la prima volta che delle scuole rifiutano apertamente di partecipare”, ha detto Meyer. “Non possiamo permettere che diventi la norma”.
Bella Swiatlowski, tesoriera dell’AMS, ha confermato che le scuole hanno giustificato il rifiuto con la volontà di “non parlare della Shoah ai bambini” a causa del contesto in Medio Oriente. “Ma quando andiamo nelle scuole con i sopravvissuti non parliamo dell’attualità politica, parliamo della Shoah. È un dovere morale trasmettere la memoria storica, e non si può accettare che venga messa da parte per non offendere qualcuno”.
La decisione delle scuole sarebbe stata influenzata dalle pressioni di alcuni genitori, contrari alla partecipazione dei propri figli alla cerimonia. Secondo diverse fonti inoltre, una delle scuole coinvolte ha recentemente rimosso una bandiera israeliana da un’esposizione scolastica dedicata alle bandiere del mondo, in seguito alla protesta di un genitore. Questo episodio, secondo molti osservatori, evidenzia un preoccupante clima di autocensura e di concessioni a frange radicalizzate.
Rabbi Menachem Margolin, presidente della European Jewish Association (EJA), ha condannato fermamente la decisione delle scuole, definendola “un’ignoranza pericolosa”. Margolin ha evidenziato come, in un periodo segnato da un’impennata dell’antisemitismo in Europa, sia fondamentale trasmettere alle nuove generazioni la consapevolezza della Shoah come monito storico. “La Shoah va oltre la politica. Paragonare lo sterminio di sei milioni di ebrei con il conflitto in corso a Gaza è scioccante e rappresenta un fallimento morale da parte di queste scuole, che hanno il dovere civico e umano di educare alla verità storica”, ha dichiarato.
Anche la ministra dell’Istruzione francofona, Valérie Glatigny, è intervenuta sulla questione, scrivendo alle amministrazioni scolastiche per ricordare loro l’importanza dell’insegnamento della Shoah, elemento fondamentale della missione educativa delle scuole. Luiza Duraki, consigliera comunale per l’educazione di Anderlecht, ha espresso rammarico per la scelta delle scuole, pur comprendendo le preoccupazioni dei genitori. Tuttavia, ha ribadito che “il conflitto israelo-palestinese non ha nulla a che fare con le Stolpersteine”.