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    EUROPA

    Quale futuro per gli ebrei in Francia?

    Il risultato delle urne francesi, in attesa del secondo turno che si svolgerà domenica 7 luglio, pone dei quesiti sul futuro delle comunità ebraiche del Paese

    Il risultato delle urne francesi, in attesa del secondo turno che si svolgerà domenica 7 luglio, pone dei quesiti sul futuro delle comunità ebraiche del Paese.

    Il Rassemblement National di Marine Le Pen e Jordan Bardella, insieme ai suoi alleati di estrema destra, ha raccolto il 33,14% dei voti, una percentuale che potrebbe portare a 255-295 seggi potenziali. Il Nuovo Fronte Popolare della gauche, che racchiude vari partiti tra cui La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, ha raggiunto il 27,99% e potrebbe ottenere un numero di seggi compreso tra 120 e 140. Ensemble, l’alleanza macroniana, si è attestato al 20,04% (90-125 seggi). Seguono i Les Républicains/centristi di destra con l’UDI e altri di destra moderata al 10,74% (35-45 seggi), i piccoli partiti ecologisti e regionalisti con il 2,0% (10-14 seggi) e gli altri partiti di sinistra o dissidenti del Fronte Popolare con l’1,5% (11-12 seggi).

    Il risultato propone una situazione non inattesa, come anche l’ebraismo francese ipotizzava. Nei giorni precedenti al voto, il filosofo Alain Finkielkraut, già vittima di un’aggressione antisemita nel 2019 durante una manifestazione dei gilet gialli, dichiarava al Corriere della Sera di essere molto preoccupato e infelice”, identificando a sinistra l’antisemitismo “programmatico” di Mélenchon, mentre a destra, il RN, nonostante abbia sciolto il legame con Pétain e con il collaborazionismo della Repubblica di Vichy, “va combattuto comunque […] perché sceglie la Russia contro l’Ucraina e quindi contro l’Europa, con tutto quel che rappresenta”. Secondo Finkielkraut, l’antisemitismo in Francia è prettamente legato all’immigrazione e “all’islamo-gauchismo”, tanto che in un possibile ballottaggio tra i candidati delle due frange estreme ha dichiarato che voterebbe il RN, anche se “con la morte nel cuore”. Simili concetti si riscontrano anche nel contributo proposto da un altro filosofo ebreo d’oltralpe, Bernard-Henri Lévy, il quale, alla vigilia del voto, su La Repubblica, scriveva che “La France insoumise è un partito antisemita”, evocando alcune dichiarazioni dei suoi membri rivolte contro gli ebrei. In aggiunta, specificava di augurarsi comunque la sconfitta del RN.

    L’avvelenamento del clima antisemita in Francia rappresenta un fenomeno in atto da decenni, con la comunità ebraica più numerosa d’Europa già vittima di tremendi episodi. Il rapimento e le torture fatali a Ilan Halimi nel 2006; l’attentato alla scuola ebraica di Tolosa del 2012, dove erano state uccise 7 persone di cui 3 bambini; l’attentato terroristico all’Hyper Cacher del 9 gennaio 2015, con 4 morti; l’assassinio antisemita nel 2017 della 65enne ebrea Halimi. Vicende eclatanti e note ai più,che rappresentano solo una punta di un iceberg che si è ampliato dopo il 7 ottobre 2023, quando i crimini a sfondo antisemita sono ulteriormente aumentati, come testimonia un altro fatto emblematico di appena un paio di settimane fa: lo stupro, in nome della sua religione, di una dodicenne ebrea da parte di tre adolescenti. Su questo antisemitismo mascherato da antisionismo la sinistra è stata indulgente, senza condannare adeguatamente il massacro del 7 ottobre. Ne aveva parlato a Shalom lo scorso marzo anche David Khalfa, co-direttore dell’Osservatorio Nord Africa e Medio Oriente della Fondazione Jean-Jaurès, il quale aveva analizzato da una parte l’ambiguità della sinistra francese nei confronti di Israele e del mondo ebraico, rilevando dall’altra come “adesso il Rassemblement National si presenta come un partito responsabile, di stampo repubblicano, con una funzione protettiva nei confronti dell’odio antisemita, soprattutto per quello islamista, ma i suoi riferimenti ideologici sono antitetici a un’autentica cultura repubblicana.

    Il risultato di domenica ha dunque aumentato lo sconforto, tanto che, come riportato da alcunetestate come il Jerusalem Post, il rabbino capo della Grande Sinagoga di Parigi Moshe Sebbag ha espresso dubbi sul futuro degli ebrei in Francia e ha esortato i giovani a emigrare in Israele o in altri paesi, secondo una tendenza che è in atto da parecchi anni. Gli ha fatto eco Ariel Kandel, direttore generale dell’associazione Quelita che si occupa di facilitare l’aliyah dalla Francia, che ha dichiarato al Times of Israel che il verdetto delle urne rappresenta «un ulteriore passo» verso una possibile emigrazione degli ebrei francesi.

    Un quadro complesso e poco incoraggiante, ben sintetizzato dalle parole di Sebbag. “I gruppi ebraici hanno chiesto agli ebrei francesi di votare per il centro, che è stato di supporto a Israele, ma sotto il quale il problema dell’antisemitismo è proliferato. Molte famiglie ebraiche ashkenazite qui da prima della Seconda Guerra Mondiale non potrebbero pensare di votare per il RassemblementNational, tuttavia la sinistra è stata antisemita negli ultimi tempi, ha detto Sebbag. Gli ebrei sono nel mezzo perché non sanno chi li odia di più”.

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