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    EUROPA

    Francia, la normalizzazione dell’odio dopo il massacro del 7 ottobre

    La testimonianza di Natacha Hubele, presidente della sezione di Strasburgo dell’Unione degli Studenti Ebrei di Francia, anche lei nel mirino delle liste di proscrizione antisemite

    Negli ultimi mesi, la comunità ebraica in Francia ha assistito a una significativa escalation di episodi antisemiti, esacerbati dalla situazione geopolitica internazionale, in particolare dopo il massacro compiuto da Hamas il 7 ottobre 2023. L’attacco alla sinagoga Beth Yaacov di La Grande-Motte (Hérault) è solo uno dei tanti segnali di una normalizzazione inquietante dell’odio antisemita, con episodi gravi che ormai non stupiscono più. “Non ci sorprende più vedere qualcuno con una kefiah e una bandiera palestinese tentare un attacco terroristico in una sinagoga” ha affermato Natacha Hubelé, presidente della sezione di Strasburgo dell’Unione degli Studenti Ebrei di Francia, anche lei nel mirino delle liste di proscrizione antisemite.

    Dal 7 ottobre si è registrato un incremento esponenziale degli atti antisemiti. “Da gennaio, in Francia, ci sono stati circa 887 incidenti antisemiti segnalati alla polizia, ma sono solo una parte di ciò che realmente accade” spiega Hubelé. Molte persone, infatti, non denunciano gli episodi perché il processo è complesso e stressante. “Conosco almeno 10 casi di persone che non sono andate dalla polizia perché era troppo per loro” aggiunge. Le cifre reali sono molto più alte: il CRIF, che rappresenta la comunità ebraica francese, stima che gli episodi possano essere intorno ai 3.000. Solo nel 2023, gli incidenti antisemiti sono aumentati del 1.000%.

    Le autorità francesi hanno rafforzato le misure di sicurezza attorno a sinagoghe e scuole ebraiche, ma secondo Hubelé tali interventi sono insufficienti. Il problema, spiega, è la mancanza di una repressione politica efficace dell’antisemitismo. Nonostante l’impegno di figure come il ministro dell’Interno Gérald Darmanin e la ministra Aurore Berger, le azioni concrete restano limitate.

    Secondo Hubelé, la politica ha contribuito ad alimentare questo clima d’odio. Da un lato, l’estrema sinistra, in particolare il movimento La France Insoumise (LFI) ha promosso una narrazione fortemente antisionista che spesso sfocia in un antisemitismo velato. Hubelé cita l’esempio di un eurodeputato di LFI che, durante i Giochi Olimpici, ha dichiarato che gli israeliani non erano i benvenuti a Parigi, suscitando applausi da parte di circa 200 persone, tra cui anche chi inneggiava a una nuova Olimpiade di Monaco. Dall’altro lato, l’estrema destra, pur difendendo la legittimità di Israele, continua a perpetuare atteggiamenti razzisti e antisemiti, anche se motivati principalmente dall’odio verso gli arabi.

    Le università, che dovrebbero essere luoghi di dialogo e apprendimento, sono invece diventate teatri di episodi di odio crescente. Hubelé racconta come la situazione nelle università sia rapidamente degenerata dopo il 7 ottobre. Studenti con nomi ebraici vengono evitati, presi di mira nei gruppi WhatsApp e, in alcuni casi, persino aggrediti fisicamente. A Strasburgo, tre studenti sono stati picchiati mentre affiggevano poster per ricordare gli ostaggi israeliani. “Abbiamo raggiunto livelli di violenza fisica a Strasburgo”, ha affermato Hubelé, descrivendo la situazione allarmante.

    Anche Natacha Hubelé è stata vittima di antisemitismo. È comparsa su una lista online, insieme a un’amica, di persone da “picchiare”. La lista, pubblicata dal Groupe Union Defense, un’organizzazione neonazista, è stata scoperta da un giornalista: il che ha permesso a Hubelé di venire a conoscenza del pericolo. “La polizia mi ha consigliato di rimuovere la mezuzah dalla mia porta per motivi di sicurezza,” racconta, evidenziando come anche i simboli religiosi siano diventati rischiosi da esporre.

    Le istituzioni universitarie hanno mostrato una risposta inadeguata. Sebbene in ogni università esista una figura incaricata di contrastare l’antisemitismo, questa non sempre interviene efficacemente. “L’università diceva che non era uno spazio universitario, ma privato”, ha spiegato Hubelé, riferendosi agli attacchi verbali nei gruppi WhatsApp. Inoltre, l’università di Strasburgo ha evitato di rimuovere graffiti antisemiti fino ad aprile, mostrando un’inquietante indifferenza. Nel contesto scolastico, invece, la distinzione tra scuole pubbliche e private è evidente. Le scuole private sono state più reattive nell’affrontare gli episodi di antisemitismo, convocando immediatamente gli studenti coinvolti e prendendo provvedimenti. Al contrario, nelle scuole pubbliche, molti insegnanti preferiscono non intervenire, temendo ritorsioni da parte degli studenti. A Strasburgo, un docente ha evitato di commentare un gruppo di ragazzi che glorificava Gaza, consapevole che potevano seguirlo fuori dalla scuola e aggredirlo.

    Natacha Hubelé dipinge un quadro preoccupante della situazione in Francia, dove l’antisemitismo sembra ormai radicato e normalizzato in vari ambiti della vita pubblica. Le istituzioni, dalle scuole alle università, passando per le autorità politiche, hanno mostrato gravi lacune nel rispondere in modo adeguato. “Le persone non ascoltano più quando si parla di antisemitismo, lo giustificano con l’antisionismo, questo è il vero problema” conclude la presidente di UEJF Strasbourg.

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