Un triste anniversario cade oggi. Il 10 luglio del 1941 almeno 340 ebrei polacchi, tra uomini, donne e bambini, furono assassinati nel pogrom di Jedwabne in Polonia.
Jedwabne era sotto il dominio sovietico tra il 1939-1941 quando i tedeschi ripresero il controllo dell’area. Il pogrom è stato compiuto da uomini polacchi della zona circostante. Nessun tedesco era presente, sebbene le dichiarazioni dei testimoni dell’epoca abbiano detto che la polizia tedesca era a Jedwabne quella mattina.
Il pogrom è iniziato nella piazza del mercato al centro della città, dove i polacchi hanno selezionato tra la folla diverse decine di ebrei e li hanno costretti a distruggere una statua di Lenin nella piazza del paese. Quindi li portarono in uno spazio all’aperto, dove li assassinarono e li seppellirono. Più tardi, quello stesso giorno, fecero marciare altri ebrei verso un fienile fuori città, che poi diedero alle fiamme.
Si stima che quel giorno siano stati uccisi 340 ebrei, anche se si pensa che il numero possa essere più alto. Il pogrom è rimasto in gran parte sconosciuto fino al 2000, quando una nuova indagine sul massacro è stata condotta dall’Institute of National Remembrance (INR), un gruppo che indaga sui “crimini nazisti e comunisti commessi tra il 1917 e il 1990”. L’indagine sul pogrom terminò nel 2003 con il verdetto che questo era stato commesso dai polacchi, e l’incoraggiamento dei tedeschi.
Un monumento commemorativo è stato eretto nel luogo di sepoltura in occasione del 60° anniversario del pogrom. L’allora presidente della Polonia Aleksander Kwaśniewski ha parlato all’evento, scusandosi “a nome suo e a nome di quei polacchi la cui coscienza è stata scossa da quello che era successo qui 60 anni fa”, secondo il Museo di Storia degli ebrei polacchi.
Prima dell’Olocausto il 40% della popolazione di Jedwabne era ebrea. L’INR ha riferito che il giorno del pogrom circa 100-125 ebrei riuscirono a fuggire, anche se la maggior parte di loro fu successivamente trasferita nel ghetto di Łomża e da lì ad Auschwitz.