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    Un sogno al microscopio. Il viaggio verso il Nobel di Rita Levi-Montalcini

    È uscito per i tipi di Mondadori “Un sogno al microscopio. Il viaggio verso il Nobel di Rita Levi-Monltacini” un volume pensato per i ragazzi, scritto da Piera Levi-Montalcini in collaborazione con Alberto Cappio e Nicoletta Bortolotti. Gli autori presentano la storia della giovane Rita Levi-Montalcini, prima e unica donna italiana ad aver vinto il Premio Nobel per la Medicina, il tenero racconto della sua infanzia, testimoniato dalle lettere e dalle foto di famiglia, la passione vibrante per lo studio e la ricerca, sullo sfondo dei grandi eventi del Novecento.

    Shalom ha incontrato Piera Levi-Montalcini.

     

    La zia Rita bambina e ragazzina era diversa dalle sue coetanee?

    No non lo era, non è nata Premio Nobel. Non amava in modo particolare andare a scuola, trascorreva molte ore con il fratello Gino e con le sorelle Nina e Paola, esplorava la natura, osservava gli animali. Era apparentemente fragile ma aveva tantissima forza di volontà, era simpatica, brillante, ironica e determinata. Dopo avere, suo malgrado, frequentato il liceo femminile è riuscita, con l’approvazione e l’aiuto della madre e dei fratelli, a convincere il papà a permetterle di frequentare l’università, nonostante lui avesse in mente per lei un futuro più in linea con le usanze del tempo: le sue sorelle laureate avevano faticato non poco per conciliare famiglia e lavoro. Rita si iscrisse così a Medicina.

     

    Nel libro avete scelto di pubblicare alcune lettere della zia Rita

    Sto proseguendo la tradizione di famiglia di conservare oggetti, lettere e diari che ci hanno permesso di seguire l’infanzia di zia Rita, la sua crescita, la sua vita quotidiana, i suoi sogni. Con Alberto Cappio abbiamo letto anche tutto ciò che scriveva il resto della famiglia per arricchire con più dettagli e differenti “punti di vista” gli spunti per i singoli episodi. Abbiamo effettuato anche un’accurata ricerca storica per ricostruire fedelmente la vita e gli eventi che caratterizzarono Torino e l’Italia nel primo Novecento.

     

    E la storia della mezza conchiglia di zia Rita? 

    Su un ripiano della libreria di zia Rita vedevo sempre una mezza conchiglia. Girandola, qualche tempo fa, all’interno ho scoperto che era firmata dalla nonna Adele e dal nonno Adamo con la data e il nome del ristorante di Napoli in cui avevano cenato durante il loro viaggio di nozze. Ho pensato allora all’importanza di un piccolo oggetto, per mia nonna prima e per le mie zie poi, un oggetto che narra e simbolizza la vita di una famiglia, la sopravvivenza a due guerre, alle persecuzioni antiebraiche.

    Poi c’è il microscopio, un oggetto speciale dal grande significato simbolico, che ha permesso alla zia Rita di studiare e successivamente lavorare giorno dopo giorno alle sue scoperte, di diventare quella straordinaria donna che è stata. 

     

    Che significato ha questo libro?

    È la prosecuzione del lavoro che da trent’anni svolgo per l’Associazione Levi-Montalcini: aiuto i giovani a sfidare la vita e a cimentarsi con le difficoltà. Mi auguro che serva a mantenere vivi gli insegnamenti della zia che non hanno età.  Un obiettivo importante per cui stiamo lavorando alla creazione di uno Spazio Levi-Montalcini che diventi, partendo da quanto conservato, un “cuore pulsante” per i ragazzi e in cui la scienza, rappresentata da zia Rita, l’architettura e l’arte rappresentate da mio padre e da zia Paola, possano essere sperimentate, discusse e vissute con lo stesso spirito pionieristico, fantasioso e ottimistico che ha mosso sempre i tre fratelli.

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