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    Cultura

    Quando la magia incontra la scrittura: l’intervista ad Adam Gidwitz

    Ciò che colpisce subito incontrando l’autore finalista del Premio Strega Ragazzi e Ragazze Adam Gidwitz è lo sguardo pieno di stima dei piccoli lettori nei suoi confronti. Autografi, foto e sorrisi alla fiera libraria ‘Più Libri Più Liberi’ hanno sommerso di affetto e stima lo scrittore statunitense. Sembra che Gidwitz con la sua penna abbia conquistato i loro cuori e questo perché tra le pagine del romanzo ‘La Leggenda dei tre bambini magici e del loro cane santo’, trad. Marina Morpurgo, illustrazioni Hatem Aly, (Giuntina, pp. 368, euro 20,00), è possibile scorgere tanta magia tra leggende, credenze, personaggi suggestivi ed eventi storici realmente accaduti. Un’avventura fantastica e coinvolgente per tutte le età, che accompagna il lettore per mano attraverso luoghi lontani ed epoche mitiche. Una “vittoria morale” quella di Gidwitz, che si è aggiudicato il premio più bello: aver avvicinato tanti ragazzi alla lettura. Shalom ha intervistato l’autore sulla sua esperienza di finalista al Premio Strega e sul suo prossimo romanzo.

    Cosa rappresenta per te essere in Italia come finalista del Premio Strega?

    Sono venuto qui per la premiazione dello Strega e, nonostante io non abbia vinto, alla fine mi sento esattamente come se avessi vinto. Perché tantissimi ragazzi hanno letto il libro, lo hanno apprezzato e soprattutto in questa esperienza italiana ho sentito dalle loro labbra tanti complimenti per la mia storia. Proprio lo studente che ha vinto per la migliore recensione durante la premiazione, l’ha vinta giudicando il mio libro: un vero onore per me, non ho mai letto una recensione più bella. Anche un solo ragazzo che ama il mio libro, mi fa sentire vincitore, dunque vederne così tanti oggi, mi fa sentire al settimo cielo, tornerò in America con qualcosa in più.

    La tendenza alla lettura, per i ragazzi specialmente, non sta andando benissimo. Da scrittore cosa pensi bisognerebbe fare per invogliare i ragazzi a leggere di più?

    Credo che sia un’ottima domanda. Ho preso seriamente in considerazione questa riflessione nel mio prossimo libro: un libro destinato a tutte le età. Io credo che il problema della non lettura interessi tutti: sia adulti che ragazzi. La mia filosofia mentre scrivo è sempre quella di offrire una bella storia, non porre domande né imporre riflessioni. Per me essere qui oggi, esser venuto a Roma significa tanto, anzi è la mia vittoria molto più del premio stesso, aver conquistato tutti questi lettori è tantissimo.

    Leggendo il tuo libro ho notato che c’è molta “magia”, già a partire dal titolo, tutto unito alla storia con la S maiuscola. Com’è nata l’idea di scrivere questo libro?

    Tutto è nato grazie a mia moglie, professoressa di storia medioevale. Qualche anno fa ha vinto una borsa di studio per il suo PHD, così siamo stati sei mesi a Roma e sei mesi in Francia. Mentre lei era chiusa in librerie bellissime a leggere e studiare libri antichi, io spesso dovevo rimanere fuori, non potevo andare con lei. Dunque nel frattempo io leggevo, facevo tour in giro per le città e cercavo di imparare il più possibile su Roma, Parigi e sulla Normandia. Così tutte queste storie, accadute in parte realmente, mi hanno dato l’ispirazione che cercavo per questo libro. Ho cominciato seriamente a pensare “io devo scrivere una storia su tutti questi racconti”, volevo combinare un po’ tutto: la storia reale, le credenze del tempo e le leggende. Così è nata questa storia a metà tra leggenda e realtà.

    Stiamo vivendo un periodo storico difficile e anche la cultura ebraica è stata penalizzata a causa di quest’ondata di antisemitismo. Da scrittore valorizzare la letteratura ebraica nonostante tutto?

    Io penso che sia molto importante intervenire. Ora le persone tendono a pensare di avere una propria opinione su tutto e che il punto di vista altrui non sia così importante. Ero giusto in America per il tour di promozione del mio nuovo libro, in uscita con Giuntina il prossimo anno, dal titolo “Max in the house of spikes”. Il romanzo parla proprio di un ragazzo ebreo che tenta di fuggire dai nazisti e va in Inghilterra. Così una scuola a Chicago mi ha invitato per la presentazione del mio libro e sono andato nonostante sapessi quanto quell’istituto fosse pro-palestinese. Alcuni ragazzi in aula hanno deciso di fare una protesta silenziosa, con kefiah al collo e simboli propalestinesi. Tuttavia, mi hanno lasciato presentare il libro, facendomi parlare. Sembra assurdo, ma loro hanno ascoltato, insieme abbiamo riso e alla fine della presentazione mi hanno fatto tantissime domande, erano davvero presi dalla storia. Cosa mi ha insegnato questo? Che dovremmo cominciare un po’ di più ad ascoltarci a vicenda. Il mio detto preferito dell’ebraismo è “due ebrei, tre opinioni” : è dunque la nostra responsabilità ascoltare se vogliamo essere ascoltati dal prossimo.

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