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    Passato e presente della cultura ebraica in Europa

    Cosa si ritrova della cultura ebraica materna nell’opera di Marcel Proust? Quale approccio utilizzava l’artista concettuale Sol Lewitt per la decorazione di una sinagoga? Che impatto ha avuto il romanzo svizzero “Heidi” nella formazione dei giovani israeliani a partire dagli anni Quaranta? Queste sono alcune delle domande che trovano risposta visitando le mostre temporanee nei musei ebraici di Parigi, Bruxelles e Monaco.

    Proprio in questo momento dell’anno – in cui si fanno più frequenti i viaggi verso nuove mete oppure si torna in luoghi già visitati – c’è la possibilità di arricchire i propri itinerari per osservare, attraverso la lente della tradizione ebraica, un patrimonio culturale condiviso. Indagini e approfondimenti che dimostrano la vitalità dei tanti musei europei nelle maggiori città e nelle località turistiche: dalla Grecia alla Spagna si può scoprire la storia delle comunità ebraiche, spesso duramente colpite dalla distruzione nazista, che attraverso un lavoro di recupero e ricerca hanno ricostruito la loro storia intorno ai propri spazi espositivi.

    Molti musei sono ospitati in edifici storici come quello di Salonicco, che era sede del giornale ebraico “L’Indipendent” e che sopravvisse a un incendio che colpì gran parte del centro città nel 1917, e di Granada, collocato in una piccola abitazione nel quartiere Realejo, che fino al 1492 ospitava la comunità ebraica.

    Non solo architetture, ma anche collezioni prestigiose come quelle di oggetti rituali del museo di Praga o di Londra, dove tra l’altro nel 2001 fu scoperto un Mikvè (bagno rituale) del XIII secolo e che testimonia l’antica presenza nella città inglese, che permettono di osservare come gli oggetti in argento e tessili, legati alle festività e alle sinagoghe, siano stati influenzati dalle diverse geografie.

    In un panorama tanto vario ci sono anche delle novità. A Copenaghen, Daniel Libeskind ha progettato un nuovo ingresso per il museo, ospitato nelle biblioteche reali, dialogando con un suo precedente intervento del 2003; dei piani inclinati si contrappongono all’edificio in mattoni mostrando la continuità tra il passato e la contemporaneità. Un messaggio che accompagna il visitatore anche al museo ebraico di Francoforte, che ha da poco riaperto una delle due sedi, in cui i lavori di ampliamento hanno affiancato una nuova ala a uno storico palazzo, costruito intorno al 1820, che fu del barone Mayer Carl von Rothschild. Il restauro ha riportato al suo fascino gli eleganti ambienti del Rothschild Palais e creato un collegamento con un blocco, dalle forme essenziali, progettato da Staab Architekten. Entrambi i volumi si affacciano su una piazza pubblica dove è collocata una scultura di Ariel Schlesinger (nato a Gerusalemme nel 1980, vive e lavora tra Berlino e Manchester), in cui vi sono due alberi in alluminio contrapposti. Un primo, piantato nel terreno, sostiene con i rami il suo doppio sradicato; sicuramente un richiamo cabalistico, ma anche operazione concettuale in cui un passato spesso precario trova sostegno in nuove radici.

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