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    La narrativa dei sentimenti all’israeliana alla conquista dei lettori italiani

    «La scrittura è dolore e fatica, ma la letteratura serve a riparare l’universo». Lo ha detto la scrittrice israeliana Zeruya Shalev in un’intervista all’Espresso. Una scrittura liberatoria, una cura per superare i lutti e i conflitti, ma anche per dare voce ai desideri, alle passioni, alla memoria del passato. È la narrativa dei sentimenti presente nei romanzi di molti altri scrittori israeliani come la Shalev, che hanno conquistato il pubblico italiano, tra questi Eshkol Nevo, che ha fatto breccia nel cuore del Bel Paese con “Tre Piani” (Neri Pozza) vendendo quasi il doppio delle copie vendute in Israele, e “La simmetria dei desideri” (Neri Pozza). Non solo, Nevo ha una rubrica su Vanity Fair, giornale con il quale collabora già da qualche anno. Si tratta di “Anatomia dei sentimenti – il piacere parte dalla testa”. Un racconto a settimana in grado di narrare la potenza della passione e dell’amore attraverso attimi rubati alla quotidianità.

     

    Tra questi c’è anche una vera rivelazione della narrativa israeliana, Itamar Orlev. “Siamo nani sulle spalle dei giganti” diceva il filosofo francese Bernardo di Chartres, e l’esordio del giovane Orlev figlio di un gigante della letteratura israeliana, Uri Orlev, è stato senza dubbio strabiliante. Il romanzo “Canaglia” (Giuntina) o “Bandit” nel suo titolo originale, pubblicato nel 2015 in Israele e in Italia nel 2022, ha stregato il pubblico posizionandosi tra la top 10 di Robinson per due settimane di fila. Una storia complessa, ricca di violenza, risentimento e parole non dette tra un padre ed un figlio a cavallo di due generazioni. È la crudezza del racconto che colpisce, ma anche l’incredibile vulnerabilità dell’essere umano incapace spesso di rimediare ai propri errori.

     

    E per concludere Hila Blum con il suo potentissimo “Come amare una figlia” (Einaudi), che si è rivelato, a sorpresa, caso editoriale, letterario, in Italia questa estate. Vincitrice del più prestigioso premio letterario israeliano, la Blum ha convinto i lettori italiani ammaliandoli attraverso un racconto che sembra una chiacchierata tra vecchi amici. Il grande dilemma del rapporto tra genitori e i figli in una storia in cui i confini tra possesso e affetto sfumano pagina dopo pagina. Recensito brillantemente da giornali italiani, “Come amare una figlia” è una storia che slitta fa slalom tra passato e presente, portando il lettore dritto verso riflessione complessa e piena di contraddizioni.

     

    Il segreto del successo di questi libri? La capacità di parlare di sentimenti in modo vero, graffiante e diretto. Di mettersi a nudo come in una seduta dallo psicologo, senza remore né riserve. Ma anche di dar voce senza timore ai pensieri reconditi che spesso fanno paura, e nel buio dell’anima sovente ci fanno vergognare. Se la prima generazione di narratori israeliani ha insegnato agli italiani a conoscere e comprendere Israele dal profondo, le successive generazioni ci conquistano perché parlano dell’altro come fosse tutti noi, riuscendo a raccontare storie di debolezza a testa alta, perché ci vuole un gran coraggio anche nel soffrire.

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