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    L’anno prossimo a casa. Haggadoth da riscoprire

    Pesach è alle porte, con la grande abbondanza di edizioni di haggadoth di ogni tipo e di ogni rito, grandi, piccole, antiche, moderne, tradotte, commentate, con o senza figure, viene spontanea la domanda se ci possa essere ancora qualche haggadah che valga la pena di essere riscoperta. 

    Shalom presenta ai suoi lettori alcune haggadoth, interessanti per lo spirito che ha animato gli ideatori, sapendo che i destinatari ne hanno tratto beneficio in momenti difficili e apprezzandone l’alto valore simbolico.

    Quando ancora la seconda guerra mondiale infuriava, nel 1943 a New York per desiderio del National Jewish Welfare Board, viene pubblicata una haggadah che sarà poi stampata in quattro successive riedizioni fino al 1945 a uso dei membri delle forze armate americane. La carta utilizzata per la pubblicazione su larga scala dei semplici volumetti è povera, la grafica è la fedele alle edizioni veneziane che si succedettero tra il 1599 ed il 1604, ma il significato è profondo e racchiude in sé la speranza della fine del terribile conflitto. 

    A Casablanca nel 1943 viene stampata dall’ Association des Anciens Elèves de l’Alliance Israélite Universelle e dalla Société Olam Katan una haggadah originale e interessante. Nella prefazione del volume si legge: “Predisposta a uso dei militari ebrei in terra e in mare degli Stati Uniti che si trovano nel Nord Africa francese per Pesach 5703. E poiché Pesach è la festa della libertà ci siamo assunti la libertà di realizzare un prodotto libero, scritto e stampato frettolosamente”.  L’haggadah è tutta in ebraico, l’unica immagine che compare è la raffigurazione di una casa del Marocco. 

    Nel 1945 la 42° Infrantry Division della U.S. Army realizza la Rainbow Haggadah: l’autore è il rabbino militare Eli Bohnen coadiuvato dal suo assistente Eli Heiberg per il Seder che si svolse a Dahn in Germania. A futura memoria leggiamo la testimonianza di Heilberg “Al Seder parteciparono 1500 soldati. Andammo in Francia a procurare otto cartoni di uova e numerose casse di vino dolce. Incaricammo uno chef locale di cucinare, apparecchiammo le tavole nel migliore dei modi e curammo la supervisione della preparazione della cena. Il Generale Collins venne a porgerci i suoi auguri di Pesach” La haggadah fu stampata presso la tipografia che curava la pubblicazione dei giornali militari; i caratteri ebraici erano gli stessi delle tefilloth predisposte per i soldati dal Jewish Welfare Board. Nella prefazione si legge il messaggio del Generale Collins” Miei soldati ebrei, la celebrazione della Pasqua deve avere per voi un significato diverso quest’anno ma come i vostri antenati combatterono il Faraone voi oggi combattete un moderno Faraone per salvare non solo il vostro popolo ma tutto il mondo”. L’haggadah si conclude con una preghiera per il ritorno a casa dei soldati e non con il tradizionale auspicio: “L’anno prossimo a Gerusalemme”.

    Il capitano Lewis Cohen era un ufficiale medico del 75° Tank Battalion dell’U.S. Army, nel marzo 1945 intraprese una ricerca dei membri della Brigata Ebraica che si trovavano in Italia per invitarli a partecipare ad un Seder che si sarebbe svolto in una località sul lago Trasimeno. Riuscì a riunire intorno al tavolo una piccola comunità senza confini composta anche da cinque soldati. L’haggadah utilizzata in quell’occasione venne firmata dai partecipanti, alcuni in inglese, altri in ebraico, ognuno accanto al proprio nome scrisse l’unità di appartenenza e il proprio indirizzo, risiedevano per lo più a Gerusalemme, alcuni erano studenti dell’Università Ebraica. 

    L’American Jewish Joint Distribution Commitee pubblicò nel 1948 una haggadah dedicandola alle Displaced Persons la copertina reca l’illustrazione di Mosè che guida il popolo ebraico verso il nascituro Stato d’Israele con l’augurio di libertà e nuova vita. Un augurio quanto mai attuale per tutti i rifugiati ovunque si trovino.

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