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    Judeus do Brasil: 5 secoli di presenza ebraica in Brasile e i suoi misteri del cuore

    I pionieri ebrei arrivarono in Brasile a bordo delle navi portoghesi che, ufficialmente, scoprirono la nuova terra il 22 aprile 1500. Ancora in epoca coloniale, nel 1637,  ebrei sefarditi di Recife fondarono la prima sinagoga delle Americhe. Molto si sa, quindi, del rapporto tra ebrei e Brasile, ma la storia della presenza ebraica riserva ancora i suoi misteri. Uno di loro riguarda proprio il nome del paese, che deriverebbe dall’ebraico barzel, ferro, com’era chiamato il legno molto duro commercializzato da ebrei. In effetti, Brasil e barzel possiedono la stessa radice fonetica, bet-resh-zain-lamed, che, in una visione mistico cabalistica, forma l’espressione Mistero del Cuore, raz (resh-zain) mistero, e lev (lamed-bet) cuore. 

    Anche l’identità dei primi colonizzatori è oggetto di discussione. Tanti erano conversos che a causa dell’inquisizione dovettero rinnegare pubblicamente la propria religione e finirono per mescolarsi alle altre popolazioni. Attualmente, un numero crescente di brasiliani si dichiara ben anussim, figlio dei forzati, appunto, e rivendica il diritto alla teshuvà. Nel 2016 è stata formata una commissione speciale alla Knesset per studiare proprio il rapporto tra Israele e i bnei anussim delle ex colonie portoghesi.  

    A proposito dello Stato d’Israele, un segreto collega la sua fondazione al Brasile. Nel 1918, Eliezer Levy, ebreo marocchino, fondò, in piena regione amazzonica, il giornale indipendente di propaganda sionista Kol Israel. Abile politico, Eliezer seppe diffondere gli ideali sionisti anche tra amici e colleghi non ebrei come Álvaro Adolfo da Silveira, futuro assessore di Oswaldo Aranha durante la presidenza dell’Assemblea Generale dell’ONU nel ‘47. In quel momento cruciale, Álvaro rimandò la votazione di due giorni, fino ad ottenere il quorum favorevole alla divisione della Palestina e anni dopo riconobbe alle animate conversazioni con Eliezer il merito di averlo convinto della necessità e opportunità della divisione in due stati, uno ebraico e uno arabo. 

    Lungo i secoli, l’immigrazione ebraica assunse diversi volti, ma generalmente rappresentò sia una via di fuga per gli ebrei che una risorsa per il Brasile. Sono esempi le colonie agricole della Jewish Colonisation Association o il Nucleo Colonial Nova Odessa. Nonostante le difficoltà, gli ebrei videro comunque “un futuro sorridente in un paese di libertà”. Un’eccezione è la triste vicenda delle polacas, giovani ebree adescate da compaesani nelle comunità più povere d’Europa e costrette alla prostituzione in Brasile. Il losco traffico finì solo nel 1939, ma le famiglie non seppero mai la verità su queste donne che, per dignità, seppellirono nel segreto del cuore tutto il loro dolore.  

    Un destino molto diverso quello di Clarice (Chaya) Pinkhasivna Lispector, scrittrice ucraina che divenne un’icona della letteratura brasiliana. Nel ’45 incontrò Giorgio de Chirico, che le fece un ritratto, come raccontò Clarice: “Stavo posando per De Chirico quando lo strillone gridò: ‘È finita la Guerra!’ (…) commentammo la strana mancanza di gioia della gente e continuammo. Dopo un po’ gli chiesi se gli piaceva avere discepoli. Lui disse di sì e che aveva intenzione di averli quando fosse finita la guerra… Dissi: ‘Ma la guerra è finita!’  In parte, la sua frase veniva dall’abitudine di ripetersela, e in parte dal fatto di non sentirsi veramente l’esatta impressione di sollievo.” Nel suo stile ermetico, Clarice ci disse che il sollievo per la fine di una guerra è vano, perché altre ne seguono. Aveva ragione.

    Con il tempo, la comunità ebraica crebbe in numero e influenza, raggiungendo le attuali 120.000 persone, distribuite in 14 stati, do Oiapoque ao Chuí, espressione usata per indicare gli estremi nord e sud del paese. L’importanza del contributo ebraico alla formazione della cultura brasiliana fu ufficialmente riconosciuta nel 2009 con l’istituzione del Dia Nacional da Imigração Judaica, festeggiato il 18 marzo.

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