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    In ricordo di A. B. Yehoshua. “Boolie e mio padre amici di una vita” – Intervista a Fania Oz

    La scomparsa di A. B. Yehoshua, da molti soprannominato Boolie, non ci ha colti alla sprovvista. Da tempo l’acclamato scrittore aveva cominciato a separarsi dai suoi famigliari, dagli amici di una vita e dai lettori sempre fedeli. Solo poche settimane fa, Yedioth Aharonot, il quotidiano più letto in Israele, gli aveva dedicato una copertina d’addio nella quale Yehoshua aveva annunciato che la battaglia contro il tumore era giunta a capolinea, che la malattia aveva avuto la meglio. Così, all’età di 85 anni, si è spento l’ultimo rappresentante di quella generazione di scrittori israeliani ormai del tutto scomparsa. Una generazione che vedeva come massimi esponenti Amos Oz e lo stesso Boolie, tanto amici quanto rivali, tanto complici quanto agguerriti l’uno contro l’altro, sempre desiderosi di conquistarsi il cuore dei lettori in un modo del tutto esclusivo. Un’amicizia tanto profonda da non temere alcuna minaccia professionale, un rapporto fraterno di cui oggi mi racconta con nostalgia Fania Oz: figlia di Amos Oz e testimone oculare di quella relazione affascinante e intrigante che univa i due giganti della letteratura israeliana.

    Fania, il nome di tuo padre e quello di A. B. Yehoshua venivano sempre accostati, associati, sovrapposti e contrapposti, tanto che oggi, con la scomparsa di Yehoshua, il tuo nome è emerso come uno dei più vicini a quello del compianto scrittore. Come nasce questa grande amicizia?

    La loro amicizia nasce negli anni Quaranta, quando mio padre e Boolie frequentavano il movimento giovanile Hatzofim. Poi, negli anni Sessanta, si sono ritrovati nella Hebrew University a Gerusalemme, in veste di giovani studenti. Nel tempo, l’amicizia è andata rafforzandosi. In molti hanno cominciato a vedere in loro due dei veri rivoluzionari della letteratura israeliana. Erano due giovani sionisti molto coinvolti nella politica locale, capaci di raccontare in modo individuale l’intera collettività israeliana. Così, più la loro carriera letteraria prendeva piede, più la loro amicizia si rafforzava. I loro incontri, le loro lunghe conversazioni, erano diventate una costante della loro vita.

    Ecco, provo ad immaginare una conversazione tra Amos e Boolie e mi vengono in mente solo accesi dibattiti sulla politica o sulla letteratura. Argomenti intellettuali ed elevati. Erano forse capaci di conversare anche di argomenti semplici e terreni loro due? Di spettegolare, magari? 

    Sì, effettivamente parlavano moltissimo di politica e di letteratura. Discutevano spesso dei loro stessi scritti, cercavano di capire in cosa erano simili e in cosa erano differenti. Si davano consigli reciprochi, tessevano le lodi l’uno dell’altro, ma erano capaci anche di criticarsi pesantemente, se necessario. Ovviamente sapevano anche spettegolare. Boolie era un grandissimo pettegolo, mio padre non lo era affatto. Tuttavia, quando Boolie spettegolava, mio padre era sempre pronto ad ascoltarlo e, secondo me, si interessava anche moltissimo. Avevano anche una simpatica competizione per tutto ciò che riguardava noi figli: chi sarebbero stati i primi a sposarsi e chi avrebbe avuto più nipoti, per esempio. Sapevano parlare da uomini illuminati, grandi intellettuali, ma anche come due vecchi nonni esilaranti. Quando Boolie è rimasto vedovo, poi, mio padre gli è stato molto vicino. Lui mi raccontava che Boolie non ha smesso di piangere un attimo, per tutto l’anno successivo alla morte della moglie. Veniva da noi il sabato mattina, prima che mia madre si svegliasse, e mio padre lo rafforzava moltissimo. Era una bellissima amicizia tra uomini e tra scrittori, cosa rara nella Israele di quegli anni.

    Non voglio cercare il conflitto lì dove il conflitto non esiste, ma non vi era alcuna forma di gelosia tra i due? In fondo, entrambi si battevano per lo stesso titolo. 

    Io credo che la gelosia esisteva eccome, ma credo anche che entrambi siano stati molto bravi a superarla. Erano entrambi estremamente competitivi e ambiziosi, non poteva dunque esistere alcuna amicizia tra loro senza un pizzico di gelosia, ma credo che ciò ha permesso loro di fare grandi cose. Si spronavano a vicenda a fare meglio. Avevano letto tutti i libri l’uno dell’altro, spesso quando erano ancora solo dei manoscritti, e quasi sempre si rivolgevano grandi complimenti del tutto sinceri. Tuttavia, la loro amicizia si misuravano soprattutto nelle critiche. Infatti, solo un vero amico sa accettare una critica costruttiva, anche se negativa.

    Si assomigliavano Amos e Yehoshua? Voglio dire, oltre all’ideologia politica condivisa, c’erano anche delle affinità caratteriali?

    Mio padre e Boolie erano estremamente diversi. Mio padre proveniva da una famiglia ashkenazita povera e triste, mente Boolie veniva da una famiglia sefaradita benestante e felice. Mio padre è cresciuto orfano, Mentre Boolie è cresciuto avvolto nell’amore dei suoi genitori. Ciò si rifletteva anche sui personaggi dei loro libri. Gli eroi di mio padre erano sempre seri, sofferenti, imperfetti, con un passato difficile, con grandi segreti, con un’erotica dura, non morbida. Gli eroi di Boolie invece erano carnevaleschi, pieni di gioia, di curiosità, di appetito, di desiderio. Mio padre scriveva musica da camera, Boolie scriveva musica filarmonica.

    Parliamo un po’ di politica Fania, perché non si può ricordare Amos Oz e A. B. Yehoshua senza menzionare il loro grande, spesso criticato, coinvolgimento politico. 

     

    Allora, è importante capire innanzitutto che loro credevano nell’uguaglianza assoluta del valore di tutti gli uomini. Nei loro scritti, per esempio, entrambi sapevano dare un valore immenso a dei personaggi piccoli. Così, anche nella realtà che li circondava, sia Amos che Boolie davano lo stesso valori a tutti gli uomini che incontravano. Israeliani e palestinesi, ebrei e cristiani, religiosi e atei, per loro erano tutti uguali. Entrambi credevano nell’uomo in quanto tale, sia da un punto di vista letterario che politico. Entrambi credevano che l’occupazione fosse una tragedia e che gli ebrei non sapessero riconoscere negli arabi israeliani dei cittadini completi, uguali. Tuttavia, qualcosa è cambiato negli ultimi anni. Boolie aveva smesso di credere nella soluzione dei due Stati per i due popoli, diceva che non era più attuabile. Lui aveva cominciato a crede in uno Stato solo che sviluppasse un’identità mediorientale ebraica-musulmana, che avesse le caratteristiche di uno Stato Ebraico, ma nel quale gli arabi avessero un ruolo centrale nella sua esistenza. Mio padre credeva che questa fosse una soluzione irrealistica, non attuabile in alcun modo. E così, i due, discutevano per ore e ore.

    Non credi che abbiano compromesso in questo modo la nuova generazione di scrittori? Oggi, d’altronde, quasi nessuno si esprime più politicamente in questo modo. 

    Loro si rivolgevano sempre alla nuova generazione di scrittori, chiedendo loro di essere coinvolti nella vita politica, di non astenersi. Loro credevano che un uomo non adempie del tutto al suo compito di uomo se non è coinvolto nella vita politica del paese. A maggior ragione, loro credevano che uno scrittore non può essere un bravo scrittore se non si sporca le mani con la realtà politica circostante. La politica e la letteratura non vanno su binari paralleli. No, politica e letteratura sono una parte dell’altra. L’anima dell’uomo è fondamentalmente un’anima politica.

    Da questo punto di vista, lei riconosce nella nuova generazione un erede di Amos e Boolie? Uno scrittore con lo stesso dono letterario e con lo stesso coinvolgimento politico? 

     

    Ce n’erano alcuni, pochi, nei quali mio padre riponeva la sua fiducia. In Yuval Shimoni, per esempio. Ma no, nessuno di loro ha poi raggiunto quei livelli di intellettualità della generazione precedente. Oggi ci sono solo dei populisti che si travestono da intellettuali e che, purtroppo, non sono nemmeno tanto bravi a scrivere. L’unico, l’ultimo, ovviamente, è David Grossman: quando mio padre e Boolie erano anche in vita, la critica menzionava loro tre nominandoli i “tenori della letteratura israeliana”. Lo erano per davvero.

    Lasciamo stare la politica e torniamo a parlare di nostalgia. Cosa ti manca di più quando pensi a tuo padre e a Boolie? 

     

    Tutto, ma non sono obiettiva, perché mi manca moltissimo mio padre. Giorno e notte, mi manca davvero moltissimo. Adesso, d’un tratto, anche Boolie è cominciato a mancarmi. Dopo la morte di mio padre, lui aveva assunto un ruolo molto importante nella mia vita. Era un secondo padre per me. Lo dico davvero, senza perdermi in metafore. Lui era davvero una figura paterna per me. Pensando a loro, dunque, ciò che mi manca di più è il loro modello di paternità. Avevano un senso di responsabilità paterna che si estendeva a tutto il paese, a tutto il popolo, alle persone che incontravano per strada, ai personaggi nei loro libri. Questa paternità che tanto li caratterizzava, oggi non esiste più negli scrittori della nuova generazione.

    Se ti riportassi al tuo rapporto personale con Boolie, senza alcun riferimento al contesto famigliare che tanto vi legava, qual è il ricordo più dolce e profondo che conserverai di lui? 

     

    Quando ci incontravamo a Haifa a bere un caffè, Boolie mi poneva sempre delle domande sulla mia vita. Delle domande sinceramente interessate, sul mio matrimonio e sui miei figli. Aveva delle domande da zio affettuoso che mi mancheranno molto. Tuttavia, conservo nei miei ricordi in particolar modo un confronto che ho avuto con lui, dopo la pubblicazione del suo libro Viaggio alla fine del millennio.  All’interno di quel romanzo ho trovato il personaggio di una donna forte e intellettuale tanto quanto gli uomini, che non aveva mai paura di esporsi, e che mi sembrava estremamente famigliare. Forse, fin troppo famigliare. Quando sono andata da lui a chiedergli il perché di questo senso di famigliarità con il personaggio, lui mi ha confessato di essersi ispirato a me. Mi ha emozionata, è stato davvero uno dei più grandi onori della mia vita.

    Tuo padre ne era a conoscenza? Riconosco qui un potenziale conflitto di diritti d’autore. 

    Certamente, ne era consapevole e l’idea lo divertiva moltissimo. Lui però, a differenza di Boolie, non si ispirava mai a personaggi realmente esistiti.

    E se ti chiedessi di scegliere un’opera di A. B. Yehoshua che ti sta particolarmente a cuore, quale sceglieresti? Voglio dire, qual è il tuo libro preferito Fania? 

     

    Direi Il Signor Mani, secondo me è davvero un tour de force fenomenale. In questa opera Boolie non ha intrapreso solo un viaggio nel tempo e nelle generazioni, ma anche un viaggio nell’animo dell’uomo.

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