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    Cultura

    Eshkol Nevo e Alessandro Baricco: la forza della scrittura

    Il 25 gennaio, il Teatro Quirino di Roma è stato il palcoscenico di un incontro straordinario tra due icone della letteratura contemporanea: Eshkol Nevo e Alessandro Baricco. Un dialogo-evento, organizzato da Feltrinelli in collaborazione con il Salone del Libro, che ha esplorato il significato più profondo dello scrivere e dell’arte del raccontare storie. A guidare la conversazione, Annalena Benini, scrittrice, giornalista e direttrice del Salone, che ha saputo condurre con garbo e acutezza un’intervista ricca di spunti e riflessioni.

    Sin dai primi minuti, il pubblico ha percepito un’atmosfera rara e intima. Sul palco, Nevo e Baricco hanno parlato a cuore aperto, svelando le passioni e le paure che alimentano il loro mestiere. Baricco ha descritto la scrittura come un ponte tra solitudine e connessione: “Scrivere permette di essere incredibilmente vicini agli altri, ma sempre a una distanza di sicurezza. Per me è un mondo irresistibile, che ti lascia libero di rompere la solitudine, senza dover superare del tutto la paura di avvicinarti troppo”.

    Aggiungendo una nota personale, Baricco ha rivelato che per lui scrivere è anche una forma di ribellione creativa: “sono una persona estremamente mite e pacifica, ma nella scrittura amo distruggere qualcosa, rompere schemi, creare nuovi stili”. Un’ arte che, per Baricco, rappresenta un atto di cura e un mezzo per bilanciare il proprio modo di stare al mondo e per renderlo un posto migliore.

    Nevo, invece, ha messo l’accento sul valore trasformativo della scrittura, definendola “uno strumento potentissimo per migliorare la società”. Scrivere e insegnare a scrivere, ha spiegato, non è solo un modo per formare nuovi autori ma significa rendere le persone più empatiche, più tolleranti e più aperte alle emozioni.

    Un tema cruciale dell’incontro è stato il parallelismo tra le esperienze di Baricco con la Scuola Holden e quelle di Nevo con la Sadnaot Habait. Baricco ha fondato la Holden nel 1994 a Torino, un luogo innovativo dove giovani aspiranti narratori possono coltivare l’arte della scrittura creativa, dello storytelling e della sceneggiatura. Per Nevo, che ha insegnato nella Holden durante un periodo formativo della sua carriera, quell’esperienza è stata una rivelazione. È proprio lì che ha maturato l’idea di creare a Tel Aviv una scuola tutta sua, la Sadnaot Habait, oggi punto di riferimento per la scrittura creativa in Israele.

    Alla domanda di Annalena Benini su quanto la realtà israeliana influenzi la sua scrittura e sul rapporto dello scrittore con la verità, Nevo ha risposto con una riflessione profonda. L’autore ha spiegato che la sua vera voce narrativa è emersa quando ha imparato a distaccarsi dalla realtà e a usare l’immaginazione per raccontare storie universali. Tuttavia, nell’ultimo anno, segnato da una guerra difficile e da scene quotidiane di estrema follia, Nevo ha sentito il bisogno di scrivere attaccandosi alla pura realtà. È così che è nato il suo “Diario da Israele”, una serie di racconti pubblicati sul Corriere della Sera, tra cui una toccante lettera dedicata alla figlia in occasione del suo arruolamento nell’esercito israeliano. “La verità era diventata più folle di qualsiasi mondo immaginario” ha commentato lo scrittore, con una nota di ironia ma anche malinconia.

    Nevo ha voluto anche evidenziare come la scrittura, nell’ultimo anno, sia stata terapeutica non solo per lui, ma anche per le persone che lo circondavano, molte delle quali segnate da ferite profonde, sia fisiche che emotive. Ha raccontato di come dieci donne sopravvissute al 7 ottobre in uno dei kibbutz colpiti lo hanno invitato a condurre un laboratorio di scrittura. Attraverso le parole, queste donne che avevano subito dei traumi profondi hanno trovato un modo per superare il passato e immaginare un futuro con fiducia. “La scrittura non appartiene solo agli scrittori professionisti, ma è uno strumento di cura, capace di ridare forza e speranza anche a chi non ha mai scritto prima”.

    Man mano che l’evento si svolgeva, il pubblico ha assistito a una straordinaria sintonia tra i due autori, già legati da un’amicizia. Condividendo ricordi, visioni e passioni, Nevo e Baricco hanno regalato ai presenti un dialogo autentico e vibrante, che è andato oltre le parole scritte. L’intesa tra i due era palpabile, una dimostrazione vivente del potere che le storie hanno di unire mondi e persone.

    Alla fine della serata, il pubblico ha lasciato il Teatro Quirino con una certezza: le storie non sono solo un riflesso della realtà, ma anche un mezzo per capirla, trasformarla e, talvolta, guarirla. Come hanno dimostrato Nevo e Baricco, scrivere non è solo un mestiere, ma un modo di essere al mondo.

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