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    E di elefante

    C’è stato un momento in cui l’avanguardia russa ha trovato espressione nella letteratura e nell’illustrazione per l’infanzia. Ancora più curioso è il fatto che molta di questa sperimentazione tipografica sia passata per volumi in yiddish scritti con l’alfabeto ebraico, grazie ad artisti come El Lissitzky (1890-1941) che riuscirono a portare nell’arte la propria tradizione ebraica. Nato Lazar Markovich Lisitskii, dedicò parte della sua prima produzione al risveglio culturale ebraico degli anni dieci, anche grazie al suo insegnate – e di Marc Chagall – Yehudah Pen, uno dei pochi artisti ebrei russi a essere accettato dall’Accademia Imperiale delle Arti di San Pietroburgo e che lo formò a Vitebsk. 

    Tra gli esempi più noti di letteratura illustrata da El Lissitzky c’è la canzone ebraica di Pesach di “Had Gadya” (1919), decidendo di spostarsi progressivamente verso l’astrazione. Attraverso forme geometriche, spesso rosse e nere, El Lissitzky ha immaginato un linguaggio artistico che fosse una sintesi tra architettura e pittura: inventò a tal proposito il termine “PROUN” (“stazioni di transito dalla pittura all’architettura”) che si ispiravano a questi principi. 

     

    Nelle immagini create per l’infanzia compaiono spesso animali e tra i titoli più curiosi che hanno disegni di questo artista si trova “Elfandel” (1922), una traduzione in yiddish di “The Elephant’s Child” una novella di Rudyard Kipling, noto per aver scritto nel 1894 il “Libro della giungla”. 

    La storia è ambientata in Africa, quando ancora gli animali non avevano tutte le caratteristiche con cui li conosciamo.

    In un tempo antico e indefinito, gli elefanti avevano un naso corto e tra questi vi era il figlio dell’elefante particolarmente curioso. Questo cucciolo faceva domande agli animali della savana sul coccodrillo, ma tutti si astenevano dal rispondere per paura di questo predatore. Il suo coraggio lo aveva portato sulla sponda del fiume a chiedere direttamente al coccodrillo che tentò di trascinare l’altro animale nell’acqua per mangiarlo. 

    L’elefante era stato salvato dalla zia ippopotamo, dal pitone e dal pappagallo che lo avevano tirato sulla terra ferma, ma nella colluttazione il suo naso si era allungato. Dopo l’iniziale tristezza e spaesamento, e dopo aver combinato molti guai, aveva accettato la sua nuova condizione fisica dimostrando che dei presunti difetti possono rivelarsi utili, tanto da rimanere una caratteristica rimasta fino a ora.


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