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    80 anni da Pearl Harbor: quando il crittografo William Friedman decifrò il codice Purple giapponese


    La mattina del 7 dicembre 1941, la flotta americana sita nel porto di Pearl Harbor venne attaccata a sorpresa dall’aviazione giapponese, segnando così definitivamente l’ingresso nella Seconda guerra mondiale dell’America. La data che “vivrà nell’infamia” l’aveva definita il Presidente Roosevelt in un discorso davanti alle camere riunite in Parlamento.

    Quella di Pearl Harbor è considerata una delle più grandi falle dell’intelligence statunitense. Libri e documentari hanno tentato di approfondire come e perché l’America non sia riuscita a sfruttare le informazioni raccolte da un gruppo di crittografi guidato dal colonnello William Friedman.

    Nato nella capitale moldava ed emigrato a Pittsburgh assieme alla famiglia a causa del crescente antisemitismo, William Friedman si laureò in genetica alla Cornell University. Abile nel risolvere enigmi, iniziò a lavorare per l’US Army Signal Corps col compito di progettare sistemi crittografici. A metà degli anni Trenta, con l’aumentare del pericolo della guerra, altri tre crittografi – Solomon Kullback, Leo Rosen e Abraham Sinkov, ebrei anch’essi – si unirono a lui, che diventò il fulcro dei servizi di intelligence. 

    Così come lo scienziato Alan Turing decifrò il sistema crittografato tedesco “Enigma”, il Servizio di Decrittazione dell’esercito statunitense guidato da Friedman ideò “Magic” per decifrare il sistema “Purple” dei Giapponesi. 

    Tutte le informazioni raccolte vennero inviate ai principali responsabili attraverso un sistema di comunicazione sicuro. A causa della rivalità tra le agenzie, l’OSS – precursore della CIA – venne esclusa dai destinatari.

    “Nel 1941, Magic stava producendo un grande volume di informazioni segrete su piani, capacità, intenzioni e istruzioni giapponesi – scrisse il giornalista Anthony Cave Brown nel suo libro “The Last Hero: Wild Bill Donovan” – L’intercettazione del 14 novembre 1941 rese abbondantemente chiaro che Pearl Harbor fosse l’obiettivo. Tuttavia, il sistema di sicurezza americano fallì poiché non c’era nessuno incaricato di unire i pezzi del puzzle sul tabellone, che avrebbe rivelato i piani di Tokyo”. 

    Nel 1949 Friedman divenne capo della divisione crittografica Armed Forces Security Agency (AFSA) e poi capo criptologo per la National Security Agency. Scrisse una serie di libri sulla crittoanalisi militare e, durante i suoi primi anni alla NSA, incoraggiò l’agenzia a investire in computer che hanno rivoluzionato l’elaborazione e l’integrazione dei dati. 

    L’America lo ha riconosciuto come uno dei “principali crittografi del mondo” e gli ha conferito numerosi premi per le sue invenzioni. Friedman è stato anche inserito nella Hall of Fame dell’intelligence militare, ed un edificio è stato intitolato a lui ed a sua moglie Elizabeth – prima analista di criptovalute d’America – nel complesso della NSA, sito nel Maryland.

    William Friedman morì il 2 novembre 1969, a Washington. Lambros D. Callimahos, illustre criptologo dell’esercito americano e suo discepolo, scrisse nell’edizione invernale 1974 di Cryptologic Spectrum:” La figura leggendaria è ancora con noi, nelle opere che ha lasciato, nella scienza che ha creato, nell’ispirazione ai suoi colleghi e amici.”


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