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    Nove storie di esili, vessazioni e fughe della diaspora ebraica

    “Il viaggio e l’ardimento” è il nuovo libro scritto da Vittorio Robiati Bendaud per la casa editrice Liberilibri. Personaggi realmente esistiti si mescolano ad altri inventati ma verosimili in contesti altrettanto realistici.

    A susseguirsi sono nove storie di esili, vessazioni e fughe della diaspora ebraica. 

    Le Marche, che sono il filo rosso del libro, si rivelano terre accoglienti e fonti d’insidia allo stesso tempo. 

    C’è Immanuel da Roma, detto Manoello, che visse tra il XIII e XIV secolo, peregrinando per l’Italia e componendo sia in ebraico sia in volgare. Alla corte di Cangrande della Scala con tutta probabilità conobbe Dante e come scrive l’autore “fu legato da vincoli amicali al letterato e giurista Cino da Pistoia e a Bosone da Gubbio, politico e uomo di lettere, entrambi amici di Dante Alighieri”.

    Poi è raccontata la storia di Estellina Conat, la prima stampatrice ebrea della Storia e una delle prime donne a cimentarsi nell’arte tipografica.

    Si parla anche di Ghershòn Soncino, Aldo Manuzio, Francesco Griffo e dell’Abstemius che corrispondono a persone realmente esistite, parimenti a ciò che viene detto riguardo la stampa nel mondo islamico: per molto tempo in mano agli ebrei e poi a ebrei ed armeni. Scrive l’autore: “Per questo motivo ho voluto far comparire i due preti di quel glorioso e nobile popolo, oltreché per una stretta vicinanza di sentire, attitudini e destini con il popolo ebraico”. 

    E ancora si racconta di una delle pagine più buie dell’antiebraico cristiano in Italia che vide i marrani bruciare ad Ancona. 

    “In loro memoria – scrive l’autore – sono state composte elegie sinagogali da recitarsi il Nove di Av, il giorno di digiuno e di lutto che annualmente ricorda la distruzione del Santuario di Gerusalemme”. 

    Poi ci sono il medico e botanico portoghese Amato Lusitano che nel XVI secolo dopo essersi stabilito ad Ancona partì per Salonicco, dove morì di peste e Moshe Basola, uno dei più autorevoli rabbini italiani della seconda metà del XVI secolo che tra il 1521 e il 1523 fece un viaggio in Terra Santa. Un viaggio romanzato in cui appare anche il nipote, poeta e qabbalista Mordechai ben Yehudah Dato, famoso per aver composto l’inno Le-El’olam netanné  shir “con cui nelle Marche si suole accogliere lo Shabbàt  e a cui Elio Toaff dedicò anni or sono un breve scritto”.

    Un libro che in poco più di cento pagine restituisce coscienza di sé e fierezza alla piccola comunità ebraica marchigiana, ancora troppo poco conosciuta eppure culla dell’ebraismo mondiale nei secoli passati. Buona lettura!

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