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    ‘’La democrazia israeliana non è in pericolo’’ – Intervista a Fiamma Nirenstein

    Con l’approvazione da parte della Knesset, in seconda e terza lettura, del disegno di legge sugli standard di ragionevolezza, ossia il primo frammento della tanto discussa riforma giudiziaria, si sono intensificate le proteste in tutta Israele. Per fare chiarezza su ciò che sta accadendo nello Stato Ebraico, Shalom ha intervistato la giornalista e scrittrice Fiamma Nirenstein. 

     

    «Non credo che la sostanza del contendere, cioè la riforma giudiziaria, sia in sé per sé quello scontro che pretende di essere, cioè uno scontro sulla democrazia. – ha affermato Nirenstein – Non vedo la democrazia israeliana in pericolo».

     

    «L’idea che la Corte Suprema debba restare fondamentale e importantissima è giusta. Ma il diritto di intervenire sulle leggi votate dal Parlamento secondo un criterio soggettivo, quello della cosiddetta “ragionevolezza”, è sbagliato: infatti ciò che è ragionevole per te, può non esserlo per me e viceversa. Proposte di modifica erano arrivate in passato anche da Yair Lapid, Benny Gantz, Gideon Sa’ar, Avigdor Lieberman», gli stessi che ora attaccano la riforma. «L’idea per cui la piramide giudiziaria israeliana dovrebbe avere il diritto di cancellare le leggi secondo un criterio di “ragionevolezza”, non esiste in nessun’altra parte del mondo» ha aggiunto. 

    «Una volta cancellato questo criterio, la Corte Suprema ha comunque poteri vastissimi, infatti esistono molte altre ragioni per cui una legge, se impugnata e denunciata, può essere cancellata» ha spiegato Nirenstein, che ha sottolineato come lo stesso organo giudiziario stia valutando addirittura la possibilità di cancellare lo stralcio legge appena votato.

     

    Parlando delle proteste, la giornalista ne ha sottolineato la particolare veemenza: «A me sembra non l’antagonismo nei confronti di una legge, ma una furiosa negazione della legittimità di un Governo che ha 64 seggi in un Parlamento di 120». Secondo Nirenstein, l’insofferenza di chi si oppone al governo è dovuta al grande scontro che caratterizza tutto il mondo occidentale dal secondo dopoguerra fino al giorno d’oggi, «uno scontro mortale fra destra e sinistra che si serve di parametri eccessivi dal punto di vista della narrazione, per esempio come quando la sinistra accusa la destra di essere “fascista” e di volere uno stato autoritario».

    «Se si guarda ai sette mesi di enormi dimostrazioni di piazza, che hanno bloccato autostrade, ospedali e l’aeroporto, e all’atteggiamento di praticamente tutti gli organi di informazione, non vedo segni di repressione nella società israeliana».

     

    Sebbene molti media facciano intendere che Netanyahu abbia rifiutato tutti i compromessi sulla riforma, la giornalista ha spiegato a Shalom come in realtà siano stati «modificati in parecchi punti sostanziali e la parte di legge appena votata è stata sospesa fino a novembre, quando, il primo ministro ha affermato, verrà ripresa in mano la questione in un clima di maggiore unità». «Questo evidentemente sottintende che ci sono trattative in corso».

    Se ci si chiede perché comunque il governo abbia voluto procedere fino a questa votazione, che ha ancora una volta suscitato tanto rifiuto, Nirenstein dice che la risposta va cercata nel rapporto tra il Paese e l’esercito: «Il governo continua ad andare avanti con la riforma perché non può cedere al rifiuto a servire da parte di un numero non rilevante, ma significativo, di riservisti e soprattutto di piloti, essenziali alla sicurezza del Paese». «Se Netanyahu avesse ceduto al ricatto – ha detto Nirenstein – si sarebbe accettato il principio che il potere militare ha un ruolo determinante rispetto al principio che il potere civile, ossia quello del parlamento, che deve essere sempre al primo posto». Cioè è stato affermato che l’esercito dipende dal popolo d’Israele e non lo governa. 

    Oltre a ciò, continua Nirenstein, «mettere l’esercito in difficoltà è una cosa a cui veramente bisognerebbe stare molto attenti, perché si mette in gioco la vita di un Paese e dell’intero popolo ebraico, che dipende prima di tutto dalla capacità di Israele di difendersi dai suoi nemici» ha aggiunto.

    «I piloti, per esempio, oltre ad essere pronti a qualsiasi attacco che possa provenire da acerrimi nemici, come l’Iran, Hamas o Hezbollah. Ogni giorno impediscono alle armi iraniane di raggiungere in Siria e finire nelle mani di Hezbollah. E proprio in questi giorni i terroristi libanesi hanno svolto esercitazioni sul confine israeliano, mentre si moltiplicano gli attacchi terroristici palestinesi. Tutto questo non deve essere dimenticato.  Per il popolo ebraico l’unità è una questione di vita o di morte».

    Nonostante tutto quello che sta accadendo in Israele, Fiamma Nirenstein vede nelle immagini dove i manifestanti, pro e contro la riforma,  si scambiano un saluto sulle scale mobili della stazione centrale di Gerusalemme, come l’essenza dello Stato d’Israele. «Siamo il piccolo, fortissimo, resistente popolo ebraico, che perseguitato da 3.000 anni, è riuscito comunque a portare al successo la più grande delle sue imprese, rifondare e far prosperare lo Stato ebraico» ha concluso.

     

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