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    FRA LUIGI DI MAIO E MATTEO SALVINI SPUNTA LA QUESTIONE EBRAICA

    Il dialogo, talvolta ruvido talaltra fisiologico, fra i due Vice Premier in carica, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, sembrerebbe aver registrato un’impennata polemica di non poco momento, orientata verso il primo polo (la ruvidezza), laddove Di Maio ha imputato al Collega una vicinanza dei suoi alleati europei alle tesi negazioniste dell’Olocausto, accusa respinta con una punta d’ironia dal Salvini.

    Farebbe bene il Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Noemi Di Segni, nell’esercizio della Sua elevata missione politica e nell’assolvimento dei Suoi inderogabili doveri, a richiamare i due Vice Premier non ad impegnarsi ancora in una dialettica tanto accesa quanto improduttiva, per i suoi scontati aspetti inutilmente moralistici e con prevedibili effimere ricadute propagandistiche, bensì per adoperarsi per accogliere senza indugi la dichiarazione IHRA (International Alliance for Holocaust Remembrance) sull’antisemitismo.

    La Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea C 307 del 30 agosto 2018 ha pubblicato, a p. 183, la Risoluzione del Parlamento europeo del 1° giugno 2017 sulla lotta contro l’antisemitismo. Tale Risoluzione, che per la sua estensione non può essere riportata qui, invita gli Stati membri e le istituzioni ed agenzie dell’Unione europea ad adottare e applicare la definizione operativa di antisemitismo utilizzata dall’Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto (IHRA), al fine di sostenere le autorità giudiziarie e di contrasto nei loro sforzi volti a identificare e perseguire con maggiore efficienza ed efficacia le aggressioni antisemite, e incoraggia gli Stati membri a seguire l’esempio del Regno Unito e dell’Austria in proposito

    La definizione operativa dell’antisemitismo dell’IHRA così dispone: “Lo scopo di questo documento é di offrire una guida pratica all’identificazione d’incidenti, la raccolta dati, e l’aiuto per l’attuazione e l’applicazione della legislazione relativa all’antisemitismo”.

    È alquanto inutile che il governo della Repubblica si esprima per gesti; in passato, al Capo dello Stato Vittorio Emanuele III che rese visita d’ossequio alla Sinagoga di Roma nel 1904, non tremò la mano quando firmò le leggi razziali nel 1938. 

    Non gesti, ma atti concreti, perché dell’equivoco l’Italia e la sua piccola ma significativa minoranza ebraica non saprebbero cosa farne. Chieda ora l’UCEI, in ossequio alla propria missione, che il Governo fughi ogni ambiguità, affinché, esprimendosi solo coi fatti, accolga subito la dichiarazione IHRA, come chiesto dal Parlamento Europeo.

     

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