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    Roberto Almagià: un esploratore alla scoperta della terra d’Israele degli anni ‘20

    Quest’anno ricorre il sessantesimo anniversario della scomparsa di Roberto Almagià, grande geografo ed esploratore (Firenze il 17 giugno 1884 – Roma il 16 maggio 1962).

     

    Questi, oltre a far parte dell’Accademia Nazionale dei Lincei dal 1932, fu uno dei pilastri della prestigiosa Società Geografica Italiana della quale fu presidente negli anni 1944-1945. 

    Fu, tra l’altro, docente di Geografia all’Università di Padova prima e all’Università di Roma successivamente nonché autore prolifico.

     

    Egli fu, inoltre, un fervente nazionalista e perfettamente a suo agio all’interno delle istituzioni scientifiche sotto il fascismo, non diversamente da altri ebrei dell’epoca e soprattutto da scienziati e uomini di cultura che appoggiarono Mussolini e/o mediarono con il regime fascista, nonché conniventi con altri regimi autoritari dell’Età dei totalitarismi.

     

    Ciò nonostante, subì le leggi razziali e non avendo più la possibilità di esercitare in Italia come studioso, fu accolto presso la Biblioteca Vaticana per essere poi reintegrato all’interno della comunità scientifica italiana alla fine dell’occupazione nazista di Roma, prima e, soprattutto, dopo la Seconda guerra mondiale.

     

    In questa sede è importante ricordare la grande campagna fotografica da lui organizzata per la Società Geografica Italiana nella seconda metà degli anni Venti del Novecento, in collaborazione con un altro ebreo, Luciano Morpurgo (nato a Spalato il 20 febbraio 1886 e morto a Roma il 21 settembre 1971). Si tratta di due figure emblematiche della storia d’Italia e di Roma in particolare della prima metà del secolo scorso dove gli ebrei, di diversa origine e provenienza, raggiunsero posizioni notevoli in seno alla comunità scientifica coeva.

     

    La loro iniziativa fu immaginata in funzione della volontà di Mussolini di soppiantare, in qualche misura, la Gran Bretagna nel controllo dell’allora Palestina mandataria, nel tentativo, mal riuscito, di modificare a favore dell’Italia i trattati di pace successivi al termine del primo conflitto mondiale.

     

    In ogni modo, quel progetto ci restituisce immagini straordinarie di un’area in cui gli ebrei, in piena Quarta Aliyah (1924-1928), avevano iniziato a modificare il territorio in modo significativo e a dare vita a nuovi processi di sviluppo economico, culturale e sociale in un’area che, fino a qualche decennio prima, definire depressa è un eufemismo ma che per la sua posizione geografica è sempre stata estremamente importante sul piano degli equilibri geopolitici.

    Questa eccezionale campagna fotografica è stata ricordata in una mostra organizzata nel 2001 da Gabriele Borghini, Simonetta della Seta e Daniele Di Castro (z.l.).

     

    Inoltre, lo staff dell’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma ha rinvenuto, nel corso degli anni, copie di quelle splendide immagini, che qui riproponiamo in piccola parte, dopo che le stesse sono state esposte al Museo Ebraico di Roma in una mostra curata da Giorgia Calò nel 2018 in occasione del settantesimo anniversario della fondazione dello Stato d’Israele.

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