
“Ciò che il cuore desidera” è il titolo della eloquente mostra temporanea allestita al Museo di Arte israeliana di Ramat Gan. Intento dei curatori è proporre un confronto con la società e con l’arte del paese con lo sguardo rivolto alla guarigione e al recupero. Una mostra che tocca gli snodi dolorosi della vita di ognuno di noi, come i traumi collettivi, i disturbi sociali e le ferite personali, osservando come l’arte offra strumenti per affrontare, guarire e riparare. I visitatori sono invitati a guardarsi dentro e fuori, a chiedersi: “cosa stiamo cercando nell’arte: comfort, forza, ispirazione, forse un senso di appartenenza?”.
Significativo è lo spazio che viene dato alla crescita e alla speranza. Ziva Jelin presenta installazioni pittoriche, opere video e dipinti di grandi dimensioni, tra cui quelli mai esposti prima d’ora, creati prima e dopo il terribile massacro nel Kibbutz Be’eri e in altri luoghi che hanno vissuto il pogrom del 7 ottobre. L’artista si concentra sul trauma, sulla memoria e sul recupero, dalla sua prospettiva unica e personale, di chi è alle prese con domande fondamentali che riguardano il suo lavoro: “come si dipinge una casa? Come si raffigurano i ricordi? Può un dipinto di un ricordo d’infanzia generare un nuovo ricordo? In che modo la narrazione della memoria diventa una storia fittizia o reale di identità e appartenenza? Cosa c’è nella nostalgia che ci attanaglia, che ci avvicina o ci allontana?”. Le opere evidenziano la sua capacità di intrecciare diversi strati di un’esperienza personale e collettiva in un linguaggio artistico che è allo stesso tempo universale e locale. Nel corso degli anni Ziva Jelin ha raffigurato il kibbutz in cui è nata, descrivendo i sentieri, le case e la vegetazione in dettaglio e con un virtuosismo spettacolare. In studio lavora al buio, proiettando immagini su tela, esplorando il confine tra fotografia e pittura, e le interrelazioni tra ciò che “c’è stato” e ciò che è stato cancellato e dimenticato, ma che esplode da sotto la superficie. Ziva Jelin lavora contemporaneamente con le fotografie dell’archivio del kibbutz e con le fotografie contemporanee che scatta. Le combina e apporta modifiche significative utilizzando colori potenti e vividi, gocciolamenti e cancellature, disintegrazione del materiale e decostruzione dell’immagine pittorica.
Il Museo di Arte Israeliana di Ramat Gan, si propone di mettere in contatto il pubblico locale con l’arte, attraverso l’uso di svariati media, offre uno spazio dinamico, sociale e accessibile per favorire l’integrazione della comunità, rendendola partner coinvolto e attivo, fondato nel 1987, si trova su una delle arterie principali della città, che costeggia le rive del fiume Yarkon, in un edificio industriale costruito negli anni ’30, che nel corso degli anni ha ospitato varie fabbriche e officine. La sua forma unica è dovuta al terreno su cui è stato costruito: un triangolo acuto, formato dall’intersezione di due strade storiche. Il suo stile architettonico modernista era tipico degli edifici residenziali e industriali dell’epoca. Nel 1983 l’edificio è diventato di proprietà del Comune di Ramat Gan e l’anno successivo il consiglio comunale ha deciso di fondare l’istituzione. Dalla sua costituzione e sotto la direzione e la visione di Meir Ahronson, fondatore e primo curatore del museo, la sua identità si è consolidata come l’unico museo in Israele dedicato unicamente all’arte israeliana.