
Sono passate circa sei settimane da quando Yarden Bibas è stato liberato dalla prigionia di Hamas, dopo quasi 500 giorni nei tunnel della morte. Abbracciato dalla sorella, dai genitori e dai parenti, combatte ogni giorno tentando di elaborare l’insopportabile perdita di sua moglie Shiri e dei suoi figli, Ariel e Kfir, barbaramente uccisi in prigionia. Tenta di vivere senza la famiglia che aveva creato, la casa in cui ha vissuto a Nir Oz, la comunità e il kibbutz che amava. Una forza incredibile è quella che sta tirando fuori Yarden tentando di ricostruire sé stesso pezzo dopo pezzo. A raccontare della sua dura ripresa è il notiziario Ynet.
Le sfide di Yarden sono numerose e complesse. Oltre al sostegno finanziario fornito dallo Stato, la sua famiglia ha lanciato una campagna di crowdfunding, con l’aiuto dell’ente di beneficenza Reach Hands, per aiutarlo a commemorare la sua famiglia. In un’intervista con Ynet e Yedioth Ahronoth, sua sorella, Ofri Bibas-Levy, condivide pensieri sulla scelta della vita, il viaggio quotidiano di guarigione di Yarden, la decisione di lanciare la campagna e le speranze per il futuro. “Quando ho visto Yarden nel video pubblicato da Hamas, in cui lo informavano che Shiri e i ragazzi erano stati uccisi, ho pensato tra me e me: ‘Basta. Ho perso mio fratello’. Non riuscivo a immaginare uno scenario in cui sarebbe sopravvissuto a quella notizia, soprattutto mentre era ancora in cattività, completamente solo”, condivide Ofri.
Secondo lei, “Anche allora, in cattività, ha scelto la vita. Nonostante l’immenso dolore, la perdita e il desiderio, Yarden ha deciso che voleva vivere. L’obiettivo della campagna è aiutarlo a raggiungere questo scopo. In questo momento, è ancora seguito dallo Sheba Medical Center. Ha attraversato l’inferno per 16 mesi e ora è alle prese con una perdita insopportabile quella della sua famiglia. Ogni giorno ci chiede: ‘Cosa sto facendo? Cosa farò d’ora in poi?’ Non ha ancora iniziato a elaborare davvero il trauma della prigionia. Siamo certi che quel momento arriverà ma non possiamo prevedere quanto sarà difficile. È una strada lunga, con alti e bassi” aggiunge sua sorella. Ofri ha inoltre spiegato che tra gli obiettivi della campagna fondi, che è stata lanciata ufficialmente sabato sera, c’è quello di commemorare Shiri e i suoi bambini. “Per noi è chiaro che il memoriale comporterà il fare qualcosa di buono per gli altri, soprattutto per i bambini, forse nel campo dell’istruzione”.
Dal 7 ottobre, la famiglia Bibas ha avuto pochi momenti di riposo. Ancora oggi, i suoi membri si destreggiano tra un’intensa routine quotidiana e il desiderio di permettere a Yarden di muoversi lentamente e in sicurezza nel suo viaggio di ripresa. “Yarden sta cercando di pensare in modo pratico: dove sarà più vicino ad amici e familiari, dove ci saranno migliori opportunità di lavoro. Eravamo sorpresi anche che parlasse di lavoro, sembra che non abbia nessuna intenzione di rimanere a casa” spiega Ofri. “Siamo stupiti, soprattutto lui, dall’amore e dal sostegno che ha ricevuto in queste settimane. Non avremmo potuto immaginare così tante persone alla shiva. Yarden è rimasto seduto per ore, stringendo la mano a tutti coloro che venivano a onorarlo e confortarlo. Gli abbiamo detto: ‘Puoi prenderti un po’ di tempo da solo nella stanza’ e lui ha risposto: ‘Non se ne parla. Le persone sono venute a sostenermi e ad aiutarmi; sono venuti a confortarmi. Mi siederò lì e stringerò loro la mano”. Ha detto che avrebbe voluto abbracciare ognuno di loro. Questo dimostra la sua forza” ha commentato sua sorella. “Al mattino, Yarden cerca di fare una passeggiata con mio padre. Per lui è molto importante non rimanere nella sua stanza tutto il giorno. Anche quando non ha voglia di uscire, si costringe ad andare. Ascolta anche molta musica. La musica è sempre stata per lui fonte di conforto e sfogo. Lo incoraggia, gli solleva il morale”.
Ma il suo viaggio è anche fisico, un percorso per ricostruirsi non solo nell’animo. “Yarden ha perso molto peso, insieme alla massa muscolare. Vuole fare esercizio e recuperare le forze. Ha appetito, anche se non è ancora tornato a mangiare come una volta. Tutti noi immaginavamo qualcosa di diverso: che mostrasse i comportamenti che aveva adottato durante la prigionia, come sedersi sul pavimento o cose simili. Ricordo che quando Yarden è tornato, ci siamo seduti e abbiamo parlato, e non riuscivo a crederci: com’è possibile che solo tre ore fa tu fossi in un tunnel? Per lui e per noi, ci vorrà molto tempo per capirlo fino in fondo”.
Nel frattempo, ancora cinquantanove ostaggi rimangono a Gaza, tra cui il migliore amico di Yarden, David Cunio, e suo fratello Ariel. “La gente mi chiede se provo sollievo o pace. Leggo le notizie e mi viene da urlare. Siamo al limite, scossi da negoziati, discussioni e conversazioni. È devastante. Solo un attimo fa, mi trovavo nella stessa posizione delle altre famiglie che leggevano i giornali, e per quanto mi riguarda, fino a quando tutti non saranno tornati, lotteremo ancora insieme, fino alla fine” ha aggiunto Ofri. “Ci sono momenti in cui un’immagine di Shiri, Ariel e Kfir mi balena improvvisamente nella mente, immaginandoli qui davanti a me, poi mi ricordo: non lo sono, e non torneranno mai. Ci vorrà molto tempo per elaborare il fatto che il desiderio e il vuoto che abbiamo provato per un anno e mezzo sono permanenti. Non so davvero come dare un senso a questa immensa perdita”.