
“Ho visto persone giustiziate a colpi di pistola davanti ai miei occhi. Hamas è il male assoluto”. Con queste parole Hadar Sharvit, insieme a Yuval Tapuchi, ha descritto l’orrore vissuto il 7 ottobre durante l’evento “Sopravvivere all’inimmaginabile: voci di donne dal 7 ottobre”, organizzato dall’Ambasciata di Israele e dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (UCEI). L’incontro si è svolto presso la Biblioteca nazionale dell’ebraismo italiano “Tullia Zevi”, a pochi giorni dall’8 marzo, Giornata internazionale della donna.
Hadar si è nascosta per ore sotto un albero, circondata dalle urla strazianti di chi veniva violentato e dal silenzio spettrale che precedeva la morte. “Sono immagini che mi perseguitano ogni notte”, ha raccontato. Oggi si dedica ad aiutare altre vittime di traumi, offrendo lezioni sull’autoguarigione e visite guidate al memoriale delle vittime del Nova Festival. “Sentivo i loro passi, le risate crudeli, il rumore degli spari che si avvicinavano. Non dimenticherò mai il silenzio assordante che seguiva ogni colpo di arma da fuoco. Significava che un’altra vita era stata spezzata”. Hadar ha denunciato inoltre la minimizzazione delle atrocità commesse il 7 ottobre: “Penso che il mondo non capisca la brutalità di quel giorno. Le violenze sessuali, le torture, l’umiliazione: tutto questo è stato ignorato o giustificato. Quando vedo gente che sostiene Hamas, mi vergogno per l’umanità”.
Yuval Tapuchi, ex responsabile di una clinica per diabetici e oggi impegnata nell’arte, ha raccontato come il 7 ottobre abbia stravolto la sua vita. “Ho imparato che bisogna continuare a correre per salvarsi. Quel giorno è cambiato tutto per me. Non ho dormito per un anno intero. Ogni rumore improvviso mi riporta all’inferno di quel giorno”. Yuval ha rivissuto il momento in cui ha visto i suoi amici uccisi, uno dopo l’altro. “Eravamo insieme, ballavamo, ridevamo. Poi, in pochi secondi, tutto è cambiato. Ho visto corpi a terra, il sangue che macchiava la sabbia, persone trascinate via urlanti. Non potevo fare nulla per loro. Questo senso di impotenza mi dilania ogni giorno”. Per Yuval, il dolore non è solo individuale, ma collettivo. “Ci sono ancora ostaggi, anche amici miei. Il lutto è qualcosa che non se ne va: bisogna imparare a conviverci. Noi sopravvissuti portiamo il peso di chi non ce l’ha fatta”.
Da remoto, Cochav Elkayam-Levy, fondatrice della Commissione Civile sui Crimini del 7 Ottobre di Hamas contro donne, bambini e famiglie, ha ribadito l’urgenza di portare giustizia alle vittime. “Hamas ha ridefinito il male, ha compiuto il crimine perfetto: violentando, uccidendo donne e facendo calare il silenzio”, ha affermato, sottolineando che la raccolta di prove sta procedendo per portare i responsabili di fronte ai tribunali internazionali. “La battaglia legale è solo all’inizio”.
Durante l’incontro è intervenuta anche la presidente dell’UCEI, Noemi Di Segni, che ha evidenziato l’impatto della violenza non solo sulle donne, ma sull’intero tessuto familiare. “Gli atti di terrore del 7 ottobre non miravano solo a uccidere, ma a distruggere intere comunità”. Ha poi denunciato l’indifferenza della comunità internazionale nei confronti delle donne israeliane vittime di violenza: “Dove sono le femministe quando si parla di stupri usati come arma di guerra contro le donne ebree? Non possiamo permettere che queste atrocità vengano dimenticate o minimizzate”.
L’Onorevole Martina Semenzato, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio e la violenza di genere, ha definito la violenza sessuale “ un’infame strategia militare”, sottolineando la necessità di un’azione globale per contrastare tali crimini. “Dobbiamo avere una narrazione corretta di quanto accaduto il 7 ottobre”, ha affermato Semenzato, rimarcando l’importanza di una sensibilizzazione continua, al di là di date simboliche come l’8 marzo. “Non si tratta solo di violenza sulle donne. Le donne non sono state solo vittime, ma bersagli di un’ideologia che le ha volute umiliare e distruggere”.