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    ISRAELE

    Seicento terroristi del riscatto per i rapiti non saranno scarcerati

    Netanyahu apre una nuova fase della guerra

    La decisione del primo ministro
    Israele per il momento non scarcera gli oltre seicento terroristi arrestati che si era impegnato a lasciar andare come riscatto dei sei israeliani rapiti da Hamas e liberati sabato, secondo gli accordi di tregua. Dopo una serie di consultazioni dei vertici di sicurezza che Netanyahu ha compiuto ieri sera, l’Ufficio del primo ministro ha emesso questo comunicato: “Alla luce delle ripetute violazioni di Hamas, tra cui le cerimonie che umiliano la dignità dei nostri ostaggi e il cinico utilizzo degli ostaggi a fini propagandistici, è stato deciso di rinviare il rilascio dei terroristi previsto per ieri fino a quando non sarà garantito il rilascio dei prossimi ostaggi, e senza le cerimonie degradanti”.

    Le ragioni della scelta
    A determinare la decisione vi sono state certamente anche le rivelazioni sull’atroce morte dei bambini Ariel e Kfir Bibas, strangolati prima e poi orribilmente mutilati e bruciati quando erano già morti, per simulare la menzogna di un decesso dovuto a un bombardamento israeliano. Ha contato certamente anche la tentata beffa sui resti della loro madre Shirì, anche lei assassinata nelle prime settimane di guerra: Hamas aveva consegnato un’altra salma, ha inventato delle scuse incredibili (la confusione dei corpi dovuta a un bombardamento israeliano che anche in questo caso non c’era stato) salvo “ritrovarne” il corpo quando i patologi israeliani avevano denunciato l’inganno. Hanno pesato anche le umiliazioni e i maltrattamenti subiti dai rapiti, rivelati da loro ma anche pubblicizzati dai terroristi, fra cui il gioco crudele del portare due dei sequestrati ad assistere alla liberazione dei loro compagni, documentato da un video diffuso da Hamas. Ed era evidente e insopportabile in tutti questi comportamenti il tentativo di mobilitare la piazza israeliana contro il governo, per una pace a tutti i costi. Ma forse l’elemento decisivo è stato il fallito grande attentato di venerdì mattina, quando sarebbero dovuti esplodere diversi autobus e vagoni della metropolitana leggera intorno a Tel Aviv carichi di pendolari, producendo una strage senza precedenti. Solo un miracoloso errore di programmazione dei timer da parte dei terroristi ha fatto sì che tre autobus esplodessero la sera prima dell’attentato permettendo di ritrovare e disattivare le altre bombe. Un nuovo fronte di attacco si è così aperto nel cuore di Israele ed è probabile che questo sia solo il primo tentativo.

    Il piano di Hamas
    Il dato comune di questi episodi è che Hamas rifiuta di riconoscere di aver perso sul campo la guerra e si propone di continuarla con gli attentati, ma soprattutto sfruttando al massimo i rapiti che ancora detiene per obbligare Israele a lasciargli in mano Gaza e permettergli di ricostituire la propria forza militare. Questo è ciò che accadrebbe se si passasse alla seconda fase della tregua secondo le proposte di Hamas accettate da “mediatori” che in realtà lo appoggiano come il Qatar e l’Egitto. La proposta sul tavolo per questa seconda fase, che doveva essere discussa in questi giorni comporta la fine dell’operazione israeliana, l’uscita dell’esercito da Gaza, in particolare l’abbandono della fascia di confine con l’Egitto da cui passa il contrabbando delle armi, in cambio della liberazione di tutti i rapiti. I terroristi da parte loro non accettano di disarmare né di abbandonare Gaza e hanno mostrato con l’attentato degli autobus di essere intenzionati a riprendere in grande le tecniche terroristiche che avevano caratterizzato la “seconda intifada” del 2000-2005 con sanguinosi attentati nei mezzi di trasporto e nei locali pubblici. La guerra psicologica contro Israele si unisce a una comunicazione diretta ai palestinesi e al mondo arabo e musulmano in cui i terroristi usano gesti e comportamenti simbolici per stabilire la propria superiorità su Israele e umiliare i nemici ebrei, facendo appello a un suprematismo islamico che è ancora diffusissimo.

    Il piano di Netanyahu
    Quel che il primo ministro israeliano ha deciso dunque è di rifiutare di continuare a gestire il gioco diplomatico e militare secondo le regole dei terroristi, come in fondo avevano fatto finora le delegazioni guidate dai servizi, aderendo alle pressioni dell’amministrazione Biden per accettare i termini dei “mediatori”. Spesso dai servizi erano uscite indiscrezioni che miravano a mettere in cattiva luce le resistenze del governo ad accettare i termini della trattativa, come se significassero l’abbandono dei rapiti. L’atteggiamento americano è però completamente cambiato, come mostrano numerose dichiarazioni di Trump, e ora finalmente Israele è in grado di far valere la sua forza. Prima di ritardare o rifiutare la scarcerazione di un altissimo numero di terroristi pericolosissimi, Netanyahu ha anche cambiato i vertici della delegazione incaricata di trattare sulla liberazione degli ostaggi, affidandola a Ron Dermer, ministro degli affari strategici. Con lui e con il nuovo capo di stato maggiore delle forze armate Eyal Zamir, Netanyahu punta a riprendere l’iniziativa per eliminare definitivamente i terroristi. In questo quadro deve avvenire la liberazione dei rapiti ancora in mano a Hamas.

    Che succede ora
    La mossa di Israele sconvolge la situazione diplomatica intorno alle trattative di tregua e lascia a Hamas una scelta secca: o la liberazione immediata dei rapiti, senza l’impegno di Israele di abbandonare Gaza e il confine con l’Egitto, ma eventualmente con il beneficio per loro di una espulsione all’estero senza rischiare la vita se si arrendono e abbandonano le armi; o la ripresa della guerra che sarà condotta questa volta in termini molto diversi da quelli dell’era Biden. Vedremo certamente molti nuovi tentativi per paralizzare l’azione di Israele, molte condanne di questa mossa da parte dell’Europa, dell’Onu, dei “mediatori”, di settori dello stesso modo politico israeliano. I terroristi probabilmente cercheranno di forzare la situazione, purtroppo usando anche i rapiti in loro possesso. Si innescherà una durissima prova di forza politica prima che militare. Ma appare chiaro che questa mossa sia stata meditata e calcolata a fondo e che Netanyahu si sia preso personalmente una responsabilità così grave con la convinzione di poterla reggere.

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