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    ISRAELE

    La riabilitazione: una lotta quotidiana per i feriti del 7 ottobre

    Sono tanti i sopravvissuti al 7 ottobre che lottano costantemente contro ferite fisiche ed emotive. Sono storie di perseveranza, che evidenziano il lungo cammino della riabilitazione, segnato dal dolore, dalla resilienza e dalla speranza. Storie di giovani, adulti, anziani uniti dal dolore e dalla voglia di ricominciare a vivere. Come il sovrintendente Mati Tsarfati un uomo forte e solido all’apparenza, ma segnato da una lunga cicatrice che corre lungo la schiena, il punto in cui il proiettile AK-47 lo ha trafitto. Tsarfati, che era l’ufficiale operativo della stazione di polizia di Sderot, è uno dei pochi feriti dal 7 ottobre che è ancora in riabilitazione. Otto dei suoi subordinati hanno perso la vita quella mattina. La sua storia e quelle di altri, come Ron, ferito a Gaza l’8 dicembre 2023 – e in convalescenza da oltre un anno e due mesi – o di Eran, che ha completato la sua riabilitazione dopo essere stato ferito a Khan Younis ed è passato a un trattamento ambulatoriale, evidenziano le continue lotte dei feriti in battaglia.
    La loro guerra persiste, combattuta attraverso innumerevoli sfide quotidiane. Il sovrintendente Tsarfati è stato ferito dal fuoco di un cecchino, dopo aver neutralizzato diversi terroristi. Ricorda vividamente le circostanze del suo infortunio. “Sono arrivato alla stazione e, proprio mentre stavo entrando nel parcheggio, un terrorista di Nukhba è apparso davanti a me e ha sparato cinque proiettili, colpendo la mia auto”. Tsarfati racconta in modo molto dettagliato l’accaduto, e sottolinea il coraggio degli ufficiali che hanno perso la vita. “Dopo il primo scontro, in cui abbiamo neutralizzato due terroristi, ho incontrato il comandante del distretto, il vice commissario Amir Cohen. Insieme, ci siamo incamminati verso la stazione ed eliminato altri cinque terroristi. Poi ho visto che uno dei terroristi che avevamo colpito era ancora vivo e cercava di alzare la sua arma verso il comandante del distretto, così gli ho sparato alla testa. In quel momento, un altro terrorista mi ha sparato: un proiettile mi ha colpito il petto e un altro mi ha colpito la gamba. L’ufficiale della sicurezza, Ronen Gabai, insieme a un ufficiale dell’Unità nazionale antiterrorismo, mi ha trascinato dietro un rifugio”, dove l’uomo è rimasto, per tre ore, sanguinante ma cosciente. “Ho chiamato mia moglie in video, le ho detto che ero ferito, che amavo lei e i nostri bambini e che avrei fatto di tutto per rimanere in vita”. Il sovrintendente Tsarfati è stato evacuato al Barzilai Medical Center, dove l’équipe medica ha lottato per salvargli la vita. “Quando mi sono svegliato, ho capito avevo perso i miei colleghi ed è stata la cosa più dura”. Quando le sue condizioni si sono stabilizzate, Tsarfati è stato trasferito al Soroka Medical Center di Be’er Sheva. “Mi sono sottoposto a un intervento chirurgico molto complesso guidato dal dottor Shlomo Yaron Yishai, dal professor Yael Refaeli e dal dottor Assaf Aker. Mi hanno ricucito il polmone, sostituito sei costole con quelle in titanio e anche la scapola. Da lì, sono stato trasferito in riabilitazione a Soroka sotto la supervisione del dottor Yuli Trager”. Il primo capitolo della sua riabilitazione si è concluso il 1° gennaio 2024. “Sono stato dimesso dal Soroka, sono passato alla riabilitazione ambulatoriale e, contemporaneamente, il comandante Yogev Attias, capo della Divisione Sa’ar mi ha nominato ufficiale delle operazioni”. Nell’aprile di quell’anno, Tsarfati tornerà al lavoro con il suo nuovo ruolo. Ad agosto, è partito per una crociera nel Mediterraneo con la sua famiglia. Durante il viaggio, ha avvertito un dolore insopportabile alla gamba ferita. “Quando siamo tornati in Israele, mi hanno aperto il bacino per prendere un pezzo di osso da mettere nella mia gamba. Di conseguenza, ho sviluppato una grave infezione pelvica e ho dovuto sottopormi a 23 interventi chirurgici. Sono qui al Soroka da quattro mesi ormai, attaccato a un dispositivo che drena la ferita, quindi non posso lasciare l’ospedale”. Tsarfati cerca di essere forte sia fisicamente che mentalmente. In passato, era un maratoneta “So che non correrò più maratone, ma non appena starò davvero meglio, tornerò ad allenarmi”.

    “La riabilitazione è un passo indietro, due passi avanti”, dice Ron Sapir, 22 anni, di Moshav Zitan, comandante del 603° Battaglione del Genio dell’IDF. Sapir è stato ferito da un ordigno esplosivo il 14 dicembre 2023 nel sud di Gaza. L’incidente è costato la vita al sergente Oz Shmuel Ardi, che era seduto accanto a lui nell’APC Namer. “Ho guardato la mia gamba e mi sono reso conto che era a malapena attaccata, c’era rimasto solo un piccolo pezzo di muscolo quadricipite. Il mio osso è volato via nell’esplosione”. Ron è stato classificato come gravemente ferito. Ha trascorso circa un mese al Soroka, dove i medici gli hanno salvato la gamba dall’amputazione. “Quando mi sono svegliato cinque giorni dopo, ho visto mia madre accanto a me. Le ho chiesto: ‘Ho ancora la gamba?’ Lei ha risposto: ‘Sì’. Poi mi sono addormentato di nuovo”. Successivamente è stato trasferito all’ala di riabilitazione “Back to Life” dello Sheba Medical Center. “La riabilitazione ti solleva quando sei circondato da altri soldati feriti, ma quando iniziano a essere congedati e vieni lasciato indietro, è difficile. Sei felice per loro, ma allo stesso tempo pensi: ‘E io?’. I tripli amputati che sono arrivati dopo di me sono stati dimessi prima di me. Ho anche lottato con le infezioni e ho preso antibiotici per quasi un anno. Ho tenuto duro grazie alla mia famiglia, in particolare a mia sorella gemella Shai, che è stata con me durante la riabilitazione, e alla mia ragazza Maya. Lei è la cosa migliore che è venuta fuori da questa esperienza”. Ron ha incontrato Maya Dimri, una studentessa di legge della sua età, durante la riabilitazione. “Avevo una cotta per lei quando era al liceo” ammette Ron. “All’epoca non ero così interessata”, ride Maya, raccontando come si sono riavvicinati. “Mia madre è venuta allo Sheba per visitare i soldati feriti e portare alcuni regali. Le è capitato di passare davanti alla stanza di Ron. I due si sono subito riconosciuti. “Ho pensato tra me e me: ‘Cosa ho da perdere?’ Le ho mandato un messaggio e le ho chiesto di venire a trovarmi. Il resto è storia”. I due sono una coppia da sei mesi ormai. “Ma a causa di tutto quello che abbiamo passato insieme, sembrano dieci anni. Ora stiamo cercando un appartamento. Le chiederò di sposarmi quando potrò di nuovo inginocchiarmi”

    Anche Eran, riservista di 22 anni dell’Unità di Ingegneria di Yahalom, è in fase di riabilitazione al Soroka. Era assegnato al 13º Battaglione della Brigata Golani, quando è rimasto ferito durante una manovra nella seconda notte di Hanukkah. “Stavamo sgomberando un edificio nel nord di Gaza, quando sono stato colpito alla gamba da un proiettile”. La ferita di Eran, anche se apparentemente lieve, si è aggravata, è finito al Soroka con un osso frantumato, un’arteria lacerata e infezioni ricorrenti. “Finora ho subito 12 interventi chirurgici. Mi hanno tolto l’osso dal bacino per sostituire l’osso mancante, i muscoli da un’area, un’arteria da un’altra e la pelle da qualche altra parte”, ha raccontato. “Due mesi fa, hanno fatto un altro innesto osseo, questa volta dalla mia coscia”. A ottobre, Eran ha iniziato a studiare ingegneria civile all’Università Ben-Gurion, vicino all’ospedale. Oltre a perseguire una professione, gli studi fanno parte della sua riabilitazione. “Mi sveglio alle sette del mattino, faccio un’ora di fisioterapia e inizio le lezioni alle nove. Fino alla scorsa settimana, mi spostavo per il campus su uno scooter per disabili; ora uso le stampelle. Studiare mi distrae dal soffermarmi costantemente sugli aspetti negativi”. Prima di arruolarsi, Eran era un atleta professionista di tumbling (ginnastica acrobatica praticata su tappetini). Si è classificato secondo in Israele e ha rappresentato il suo Paese al Campionato del mondo in Russia.

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