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    ISRAELE

    La manipolazione dei dati sui decessi civili a Gaza: uno studio britannico smaschera la propaganda

    Un nuovo studio, pubblicato dalla Henry Jackson Society, con sede nel Regno Unito, accusa il Ministero della Salute di Gaza, gestito da Hamas, di manipolare i dati sui decessi per rafforzare la narrativa secondo cui Israele prenderebbe di mira deliberatamente i civili durante il conflitto. Lo studio, intitolato “Questionable Counting: Analysing the Death Toll from the Hamas-Run Ministry of Health in Gaza“, denuncia come i numeri forniti siano stati sistematicamente alterati per rafforzare l’idea della crudeltà israeliana e degli attacchi svolti in modo indiscriminato.

    Il rapporto offre una serie di evidenze che mettono in discussione la narrativa prevalente. Tra le pratiche più discutibili, spiccano la registrazione di uomini come donne per gonfiare il numero di vittime femminili, la classificazione di adulti come bambini, e persino l’inclusione di morti naturali – come pazienti oncologici o decessi preesistenti al conflitto – nel conteggio delle vittime della guerra.
    L’analisi dei dati mostra infatti una sproporzione nei decessi dichiarati di donne e bambini rispetto agli uomini in età da combattimento. Per esempio, il 62% delle vittime riportate dalle famiglie erano uomini, contro il 42% registrato nei dati ospedalieri. Questo suggerisce che molti combattenti possano essere stati classificati come civili. Inoltre, il rapporto sottolinea casi in cui la percentuale di donne e bambini morti superava il numero complessivo di vittime riportate nello stesso periodo. Ad esempio, il 5 dicembre 2023 il Ministero della Salute di Gaza ha dichiarato un aumento di 1.041 decessi, ma i nuovi casi di donne e bambini ammontavano a 1.353.
    Secondo lo studio, l’obiettivo di queste manipolazioni è chiaro: rafforzare l’immagine di un conflitto in cui la popolazione civile, in particolare donne e bambini, sopporta il peso maggiore della violenza. È una strategia che sfrutta l’emotività di certi numeri per orientare l’opinione pubblica internazionale e alimentare una narrativa di condanna verso Israele. Tuttavia, un’analisi più approfondita dei dati mostra una realtà diversa. Ad esempio, la maggior parte delle vittime registrate sono uomini in età da combattimento – un dato che suggerisce che molte di queste persone potrebbero essere combattenti di Hamas, non semplici civili. Israele, infatti, ha stimato che oltre 17.000 militanti di Hamas siano stati uccisi durante il conflitto, ma questi numeri raramente trovano spazio nei report internazionali. I media, invece, tendono a concentrarsi quasi esclusivamente sui dati forniti dal Ministero della Salute di Gaza, nonostante il suo legame diretto con Hamas.
    Un altro aspetto centrale dello studio riguarda proprio il modo in cui i media trattano questi dati. Uno studio su 1.378 articoli pubblicati tra febbraio e maggio 2024 ha rilevato che l’84% non ha distinto tra morti civili e combattenti. Solo il 5% degli articoli ha menzionato i dati israeliani, mentre il 98% ha citato le statistiche del Ministero della Salute di Gaza senza verifiche. Secondo il rapporto, questo approccio contribuisce a una narrativa distorta che amplifica le sofferenze civili, riducendo la complessità del conflitto e influenzando l’opinione pubblica internazionale.
    Questo approccio, denuncia il rapporto, “perpetua una narrativa parziale, ma oscura la complessità del conflitto”. La distinzione fondamentale tra civili e combattenti viene spesso ignorata, contribuendo a dipingere Israele come un aggressore che colpisce indiscriminatamente la popolazione civile.
    Secondo l’associazione manipolare i numeri per scopi propagandistici non solo mina la comprensione del conflitto, ma ostacola anche gli sforzi di pace. “Ogni vita persa è una tragedia, ma per trovare soluzioni sostenibili dobbiamo partire da dati onesti e verificati”, conclude il rapporto.

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