“Viaggio in Israele” è la scoperta di una parte di Isaac Bashevis Singer ancora sconosciuta alla maggior parte dei lettori, ossia il Singer giornalista. Il libro, edito dalla Casa Editrice Giuntina e presentato in occasione della Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria Più Libri Più Liberi, racchiude gli articoli che Singer scrisse durante il suo primo soggiorno in Israele, tra l’autunno e l’inverno del 1955 per il giornale newyorkese Forverts. La singolarità di questi articoli, fino ad oggi sconosciuti ai più, è quella di essere stati scritti in Yiddish. Grazie alla traduzione di Enrico Benella viene consentito al lettore di accedere ad uno spaccato della società israeliana appena nata più unico che raro. Singer, ha sottolineato Paolo Di Paolo, appare come “scrittore ingenuo. Non ci sono sovrastrutture intellettuali. È come se il punto fosse farsi stupire dall’evidenza delle cose”. Gli occhi, dell’osservatore, capaci di farsi avvolgere da ciò che lo circonda al punto che sembra che le cose gli rivolgano parola.
Quello di Singer, ci ricorda Shulim Vogelman, direttore della casa editrice, è un viaggio che inizia ancora prima di arrivare. Sulla barca che dovrà approdare in Israele, incontrerà alcuni ebrei di Tunisi. Gerusalemme, Tel Aviv, la Knesset, Tzfat, Mea Sharim, Mar Morto e i Kibbutz sono solo alcuni dei luoghi e delle tappe che scandiscono la scoperta e la riscoperta di qualcosa di nuovo ma estremamente ancestrale come lo Stato di Israele.
In questo viaggio alla scoperta di Israele, in una realtà che si batte, come ricorda Benella, contro l’egemonia dell’Yiddish come lingua degli ebrei, per far tornare l’ebraico vivo e non una lingua morta.
Singer racconta, in Yiddish, la scoperta di un’ambizione fatta realtà, una realtà ebraica, Israele. Racconta in Yiddish, “Il crogiolo di Tel Aviv e di tutto Israele”. Come ricorda Paolo Di Paolo, Singer davanti alla normalità delle cose scrive “Per un attimo mi dimentico di essere in Israele”.