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    ISRAELE

    È morto Shalom Nagar, fu lui a impiccare Eichmann

    Si è spento a 86 anni Shalom Nagar, noto per il suo ruolo attivo nel processo al criminale nazista Adolf Eichmann. A riferirlo i media israeliani. Nagar nacque nello Yemen ed emigrò in Israele nel 1948, anno di nascita dello Stato ebraico. Era la notte del 31 maggio del 1962, quando Nagar, giovanissimo all’epoca, azionò la leva della forca che soffocò Eichmann, l’unica persona a essere mai stata condannata a morte nello Stato Ebraico. Catturato dal Mossad in Argentina l’11 maggio del 1960, il gerarca nazista venne processato e condannato per il suo ruolo attivo nella ‘soluzione finale’, lo sterminio sistematico degli ebrei, messo in atto dalla Germania nazista durante la Seconda guerra mondiale. La morte di Eichmann fu un episodio che segnò Nagar per sempre, facendolo chiudere in un silenzio lungo trent’anni. “Mi avevano vietato di raccontare questo segreto, non lo sapeva neanche mia moglie” raccontò l’uomo durante un’intervista, rilasciata qualche anno fa, al Corriere Della Sera. Fu anche il protagonista d’un documentario di 62 minuti, ‘The Hangman’, premiato al Festival di Haifa.
    Nel 1961 quando il tribunale distrettuale di Gerusalemme confermò la sentenza ad Eichmann, Nagar lavorava come carceriere del gerarca nazista, arrivando persino ad assaggiare il cibo per evitare che lo avvelenassero. Una volta emessa la sentenza, venne estratto a sorte per eseguirla. L’esecuzione avvenne sei mesi dopo nella prigione israeliana di Ramla. Un ruolo che per tutta la vita si posò come una spada di Damocle sulla testa di Nagar che, spinto dagli incubi, divenne religioso. Fu tra i fondatori dell’insediamento di Kiryat Arba nel 1968 in Cisgiordania, vicino a Hebron.
    “Come ebreo yemenita dalle forti radici, sentivo che volevo tornare alle mie origini. La mia vita è stata dura. Mio padre morì quando avevo 6 anni e dallo Yemen migrammo in Israele a piedi. Dio ebbe pietà di me. Ma avrei dovuto morire molto tempo fa”, disse in un’intervista all’emittente israeliana Arutz Sheva, rivelando anche che, per tutto l’anno che seguì all’impiccagione di Eichmann, non riuscì mai a dormire. “Me lo sognavo tutte le notti. Avevo sempre l’impressione che Eichmann mi inseguisse. Questo è durato per un anno ma, grazie a Dio, poi improvvisamente l’incubo è finito. Ma ho dovuto tenere questo segreto per trent’anni”.

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