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    NEWS

    Addio ad Alberto Fornari z.l., figlio di Salvatore, argentiere romano e primo direttore del Museo Ebraico di Roma

    Ho conosciuto Alberto Fornari z.l. nel 2011 in quanto è stato la fonte principale nella ricostruzione della vita del padre, Salvatore Jeoshua Fornari (1900-1993, soprannominato “il Dottore” perché una volta aiutò una signora che si era sentita poco bene, oppure “Tannurì”, fornaio in ebraico).
    Un signore cortese, affabile, contento di raccontare la vita del padre il cui ricordo – noto argentiere romano, primo direttore del Museo Ebraico di Roma (1960-1980), studioso della storia di Roma e in particolare degli ebrei capitolini, scrittore, organizzatore di mostre, poeta in giudaico-romanesco, arbitro di boxe, ha contribuito a fondare la squadra della Roma ai tempi di Renato Sacerdoti e ne fu anche consigliere – era, dopo tanti anni, non più vivido.
    All’interno dell’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma è conservato, nell’Archivio Fotografico, il fondo “Salvatore Fornari”che contiene le foto dei cambiamenti urbanistici dell’area del ghetto da fine ‘800 ai primi anni del ‘900, stampate dalle lastre che si stavano deteriorando a Palazzo Braschi. Proprio su tale fondo scrissi la tesi per la laurea in Storia dell’arte Contemporanea che poi divenne nel 2014 un libro (“Un amore Capitale. Salvatore Fornari e Roma”). Nelle parole di Alberto z.l.: “Nel 2002 ho donato alla Comunità ebraica di Roma, a nome di mio padre, 8 raccoglitori con fotografie e documenti, per un totale di 403 pezzi, sul ghetto di Roma da lui raccolti per la stesura del libro ‘La Roma del Ghetto’, oltre a fotografie delle lapidi delle cinque Scole, dei lavori di restauro del Tempio [Maggiore, n.d.a.], degli scavi a Portico d’Ottavia, della sinagoga di Ostia Antica e anche del ghetto di Firenze”.
    Alberto Fornari z.l. mi descrisse la storia della sua famiglia che nel ghetto commerciava in abiti usati, tra cui divise smesse degli ufficiali pontifici da cui ricavò i fili d’argento e d’oro delle mostrine. Proprio da quei fili iniziò il rapporto dei suoi avi in particolare con l’argento, inizialmente realizzando cestini, gestendo poi un banco a piazza Pollarola e arrivando ad avere negozi a via della Scrofa, a via Condotti e a via Frattina, dopo la guerra rimase solo quest’ultimo, punto di riferimento della “Roma bene”.
    Salvatore nel 1931 sposò Nella Di Cori e dopo 9 mesi esatti nacque Alberto z.l., primo di 4 figli.

    Egli ha ricordato la forte umiliazione provata dalla madre quando, nel 1938, chiamata dalla scuola per comunicarle che il figlio non poteva più frequentala a causa delle Leggi razziali, dovette riportarlo a casa.
    Nel 1939 la famiglia riuscì a emigrare negli Stati Uniti: il loro arrivo fu segnalato anche da un breve articolo del New York Times il 24 marzo 1938 (“Old Italian Family Here as Refugees”); rientrò a Roma nel 1950.
    Salvatore ricevette anche un attestato dall’Associazione Regionale Romana Orafi, Gioiellieri, Argentieri, Orologiai: “Erede e membro di vasta famiglia argentiera romana, appassionato cultore e profondo conoscitore dell’arte orafa argentiera del passato, in segno di vivo apprezzamento della sua opera fervida e proficua, volta a rinnovare e valorizzare, con gli scritti e l’azione, le nobilissime tradizioni della nostra arte”.
    Nei ricordi di Alberto z.l., il padre donò al Museo Ebraico di Roma, in memoria dei genitori, la sbarra in oro che serve a tenere il rotolo della Torah quando viene alzata al Tempio Maggiore di Roma, la Chanukkià, con la base in malachite, che solitamente stava su una mensola al Tempio e fece in modo che Eva Fischer realizzasse per il Museo le vetrate dedicate a Gerusalemme, Roma, Safed, Hebron, Tiberiade e la finestra con la Benedizione.
    Sono stata onorata di conoscere Alberto Fornari z.l. e, tramite lui, di avere la possibilità di mettere in evidenza la storia della sua famiglia e, in particolare, del padre, la cui attività è stata tanto importante per la Comunità Ebraica di Roma e per la ricostruzione di un tassello della storia di Roma. Il suo ricordo sia di benedizione. Baruch Dayan HaEmet.

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