Nella ricca storia di sofferenza, ma anche di resilienza, degli ebrei in Italia, emerge un capitolo degno di nota eppure talvolta poco conosciuto: il loro contributo come senatori al Parlamento nell’Italia monarchica. Il volume “Senatori ebrei nel Regno d’Italia”, presentato nella suggestiva Sala Zuccari del Senato, racconta le storie dei 44 senatori ebrei che, dallo Statuto Albertino del 1848 fino alle leggi razziali, hanno dato un apporto cruciale al rafforzamento delle istituzioni. Il volume, curato da Valerio Di Porto e Manuele Gianfrancesco e pubblicato dalla casa editrice Giuntina, rappresenta un prezioso strumento di memoria storica. Durante l’evento, moderato da Giorgio Giovannetti, si è discusso del ruolo significativo che questi senatori hanno avuto nella storia italiana.
“Il libro vuole ricordare i 44 senatori che, attraverso il loro lavoro parlamentare, hanno arricchito e rafforzato la nostra democrazia. Questo volume vuole dunque sottolineare l’impegno della comunità ebraica nelle nostre istituzioni”, ha affermato nel suo intervento di saluto il presidente del Senato, Ignazio La Russa, sottolineando l’importanza di questo libro per ricordare la memoria storica di questi senatori e mettere in luce il loro impegno per il progresso delle istituzioni italiane.
La parola è poi passata a Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, che ha sottolineato l’importante lavoro svolto da questi parlamentari.
“Il contributo dei senatori ebrei è importante ed è luce per far comprendere come noi, comunità ebraiche, vogliamo contribuire al progresso della società civile”. Giuseppe Monsagrati, esperto di storia risorgimentale, ha portato un’analisi storica sul contesto in cui si inserisce la figura degli ebrei italiani nel XIX secolo. “In quell’epoca, l’esperienza israelitica era molto difficile. Solo uno dei 44 senatori proveniva dallo Stato della Chiesa, ovvero Sansone D’Ancona, che fu costretto a fuggire e a vivere a Pisa a causa delle persecuzioni”.
“Con lo Statuto Albertino del 1848 si avviò l’emancipazione degli ebrei nel Regno di Sardegna. I ghetti furono chiusi, gli ebrei poterono spostarsi liberamente da una città all’altra e cominciare a prendere parte alla vita politica nazionale. Fu un passo fondamentale che segnò un avanzamento significativo rispetto ad altri Paesi europei, testimoniato dal numero elevato di senatori ebrei che contribuirono a dare forma alla politica italiana” ha spiegato la storica Ester Capuzzo, spiegando come l’emancipazione degli ebrei italiani fosse la più avanzata in Europa.
Il convegno ha poi vissuto un momento particolare con il racconto del senatore Vito Volterra da parte di Giampiero Buonuomo. “Nel giugno del 1929, il fisico e senatore Vito Volterra votò la sfiducia al governo Mussolini, quando il corpo di Giacomo Matteotti non era ancora stato ritrovato. Un atto di resistenza al regime fascista che gli costò la vita in esilio”.