Quando nelle piazze della nostra città, subito dopo il 7 ottobre, abbiamo iniziato ad ascoltare slogan come “Intifada pure qua”, “Dal fiume al mare” ed altri ancora, in diverse situazioni ci siamo interrogati su quali sarebbero state le ricadute di quelle minacce. Il tempo, tristemente, ha risposto a tutte le nostre domande, tranne a quella sull’angosciante coltre che incombe sulle prospettive future dell’ebraismo della diaspora, su tutto l’Occidente e sui dilemmi che in queste ore gli ebrei tornano ad affrontare. Nessuno sa cosa accadrà domani, se non chi riesce a progettare e a tessere le trame dell’odio antisemita, senza essere fermato, aggredendo ebrei nelle strade, con armi, coltelli, calci e insulti proprio come avveniva nelle città di questo continente durante le notti più buie del secolo scorso. Ma possiamo prendere atto di quello che gli eventi a cui assistiamo dal 7 ottobre esprimono oggi.
La globalizzazione dell’intifada si è manifestata in tutta la sua evidenza anche ad Amsterdam alle prime ore del mattino di venerdì, in un evento che nell’Europa del ventunesimo secolo non ha precedenti e che ha innegabilmente il cromosoma del pogrom. Orde di islamisti, cittadini di questa Europa, hanno aggredito gruppi di ebrei venuti da Israele per assistere ad una partita di calcio. Una violenza inaudita che ha visto esultare persino alcuni tassisti dei Paesi Bassi in un canale Telegram.
I leader del mondo civile hanno sempre denunciato gli assalti, gli attacchi, gli atti antisemiti: le istituzioni di tanti Paesi hanno risposto, anche prontamente, condannando con parole importanti questo rigurgito odioso di un male che non è mai sopito. Dichiarazioni che non lasciano mai spazio a fraintendimenti o margini di interpretazioni e che condannano in modo netto, “senza se e senza ma”, l’odio antisemita. Parole di fuoco, certo, ma pur sempre solo parole.
Anche stavolta sono arrivate le reazioni indignate per l’aggressione di Amsterdam, avvenuto, come in molti hanno ricordato, proprio alla vigilia dall’anniversario della Notte dei cristalli. Proprio in una città simbolo della memoria. Una memoria che è da sempre la foglia di fico di chi fa distinzioni tra antisemitismo e antisionismo, di chi dal 7 ottobre continua ad avvelenare l’opinione pubblica con le sue bugie ed accusa Israele di genocidio mentre ad ogni anniversario porta puntuale le corone sulle lapidi in ricordo delle vittime della Shoah. Come se bastasse arroccare le parole di condanna attorno ai simboli del ricordo per prendere le distanze dall’antisemitismo. È così che l’anima ipocrita dell’Occidente continua a voltarsi dall’altra parte e a volte si nasconde dietro a parole che forse non bastano più.