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Ultimo numero Settembre – Ottobre 2024

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    IDEE - PENSIERO EBRAICO

    Berakhà ve nekhamà

    Benedizione e consolazione nel pensiero del Tanakh

    Le minacce storiche contro Israele
    “E venne Amalek ed aggredì Israel a Refidim” (Esodo 17/8). Senza alcun motivo apparente, mosso dal solo odio gratuito che nutriva nei confronti dei discendenti di Yaakov, Amalek assalì i figli di Israel appena usciti dall’Egitto; “E tu eri stanco e sfinito, e non temette iddio…” (Deuteronomio 25/18). Il crollo improvviso della potenza egizia aveva terrorizzato le popolazioni del Medio Oriente, lasciandole nello sgomento: ma Amalek, temerario e senza remore, si lanciò all’assalto di quel popolo di ex schiavi, appena affrancati, quando questi, ancora, non possedeva né terra né sovranità nazionale. Quella di Amalek non era, certo, una guerra di religione, né di conquista, né, tanto meno, una guerra di “liberazione nazionale”. Non vi erano motivi economici per giustificare il suo assalto, né Israele poteva essere accusato di aggressione o di essere una potenza di “occupazione”. Eppure….
    Più tardi, Balak, “all’epoca del re di Moav”, terrorizzato dall’arrivo dei Figli di Israel, rendendosi conto di non poterli respingere con le armi, pensò bene di assoldare Bil’am per maledire il popolo guidato da Moshè, ed allontanare, così, la paventata minaccia. Dall’alto del cielo, il Signore tuonò contro Bil’am: “Non maledire quel popolo poiché esso è benedetto” (Numeri 22/12). Così, tramutando la maledizione in benedizione, il Signore mise il Suo popolo al riparo. Neppure David Ha Melekh ebbe vita meno travagliata: “Vedi, oh Signore! Quanto sono numerosi i miei nemici; mi odiano di un odio violento” (Salmi 25/19) (laddove il termine violento altro non è, in ebraico, che la parola “hamas”) ed aggiunge ancora: “Oh! Signore…i tuoi nemici si agitano, e, coloro che Ti odiano hanno alzato il capo: si riuniscono per insidiare il Tuo popolo; si consigliano ai danni di coloro che tu difendi e dicono: distruggiamoli, sicché non costituiscano più un popolo e che il nome di Israel non venga più ricordato; si consigliano con unanimità di intenti; hanno stretto una alleanza… Edom e gli Ismaeliti, i Moabiti, gli Hagariti, Gheval e Amon, Amalek, i Filistei e gli abitanti di Tiro. Anche l’Assiria si è unita a loro…” (Salmi 83/ 1-9).
    Sembrerebbe, quasi, storia dei nostri giorni: la Turchia, il Libano, la Siria, l’Iraq, l’Iran, lo Yemen… Hamas, Hezbollah, gli Houti la Jihad islamica…la Russia, la Cina, la Corea del Nord… Dalle sponde dell’Oceano Atlantico, dalle coste del Marocco, attraverso tutto il Nord Africa, attraverso tutto il Medio Oriente, per arrivare fino all’Indonesia, l’infinito mondo islamico ha, apparentemente, un solo problema: insidiare Israele e volerne la distruzione. Oggi, come ieri, i nemici di Israele non usano mezzi termini, né dissimulano le loro intenzioni; il loro desiderio è sempre lo stesso.
    “Ricorda,oh Signore! Ai figli di Edom il giorno della distruzione di Gerusalemme in cui dicevano: scalzatela, scalzatela fino alle fondamenta…” (Salmi 137/ 7). Se Hashem non fosse stato dalla nostra parte, quando gli uomini si levavano contro di noi, essi ci avrebbero inghiottiti vivi, quando il loro furore divampava su di noi… siamo sfuggiti come uccelli dai lacci dei cacciatori” (Salmo 124). “In ogni generazione, qualcuno si erge invocando la nostra distruzione; ma il santo, benedetto sia, ci salva dalle loro mani”.
    “Disse David a Gad: possa io cadere nelle mani di Hashem che è pieno di misericordia e non cadere nelle mani dell’uomo” Israele procede alla Luce della Torà e, soltanto questo suo procedere è in grado di garantire la sua sopravvivenza. “Voglio sentire quel che dice il Signore Iddio,che annuncia la pace al Suo popolo ed ai Suoi fedeli” (Salmo 85 / 9).

    La benedizione divina e il ruolo dei Cohanim
    Il Primo di Nissan del secondo anno dall’uscita dall’Egitto, venne inaugurato il mishkan, il Santuario del deserto e l’immanenza divina, la Shekhinà, venne a risiedere in mezzo ai Figli di Israel. Giorno particolarmente fausto in cui la gloria divina si manifestò in tutta la Sua magnificenza. “Allora Aharon alzò le sue braccia verso il popolo e lo benedisse…e la gloria divina apparve a tutto il popolo” (Levitico (9/ 22-23). Stando a buona parte dei commentatori, la benedizione che Aharon impartì, quel giorno, fu la Birkat Cohanim, la stessa Berakhà che, ancora oggi, risuona solenne, nelle nostre Sinagoghe.
    È scritto: “Ed il Signore parlò a Moshè dicendo così: Parla ad Aharon ed ai suoi figli e dì loro: così benedirete i Figli di Israel, dicendo loro: “Ti benedica il Signore e ti custodisca: Illumini il Signore, il suo volto per te e ti doni la grazia. Elevi, il Signore, a te il suo volto, e ti conceda la pace” (Numeri, 6/22). “Eccolo! (Hashem) è dietro il muro; osserva dalle finestre, sbircia attraverso le grate” (Cantico, 9/2). Ragion per cui, nel momento della benedizione, i Cohanim formano, con le loro dita, una specie di “grata”, dietro la quale si dissimula la shekhinà. Il Cantico dei Cantici, Shir Ha Shirim, ci fa notare che, quand’anche l’immanenza divina ci appaia lontana, “si nasconda dietro al muro”, la sua presenza è costante. egli guarda in continuazione dalle finestre, osserva ogni nostra azione, spiandoci “attraverso le grate” del cielo.
    Diceva Rabbì Yehudà Ha Nassì: “Sappi chi c’è sopra di te: un Occhio che vede, un Orecchio che ascolta e tutte le tue azioni vengono registrate in un Libro” (Avot 2/1). E David Ha Melekh: “Dal cielo guarda Hashem, vede ogni essere umano” (Salmo33/13). Ed ancora: “Egli mi invocherà e Io lo esaudirò; sarò con lui nel momento dell’angustia, lo libererò e gli darò onore” (Salmo 91/15). Il Signore aveva proposto di mandare un suo Messo (Mal’akh) a guidare il popolo, ma Moshè vi si era opposto con fermezza: “Se non è il tuo volto a guidarci, non farci partire da qui… E disse il Signore a Moshè: anche questa richiesta che hai formulato esaudirò, poiché hai trovato grazia ai miei occhi” (Esodo,33 /15-17). Il Signore aveva, inoltre, promesso: “Io stesso vi guiderò, e a te darò tranquillità” (Esodo, 33/14).
    Allo stesso modo, quando i Figli di Israel sentirono che Hashem aveva affidato ai Sacerdoti l’onore di impartire la benedizione: gli dissero “Re dell’Universo: non vogliamo la Berakhà dei Cohanim ma vogliamo che sia Tu a benedirci com’è scritto nella Torà: “Volgi il Tuo sguardo dalla residenza della Tua santità, dal cielo, e benedici il Tuo popolo, Israel, e la terra che ci hai dato, così come avevi giurato ai nostri padri, una terra stillante latte e miele” (Deuteronomio, 26/15). La risposta fu immediata: “Ed invocheranno il Mio nome sui figli di Israel e Io li benedirò” (Numeri, 6/27). È scritto, ancora: “In ogni luogo in cui verrà invocato il Mio nome, verrò a te e ti benedirò” (Esodo, 20/24). Hashem ha consacrato i Cohanim ordinando loro di eseguire i suoi Precetti e di “benedire i figli di Israel con amore”; essi sono gli emissari del Signore; ma la Berakhà che essi ci trasmettono emana direttamente dal santo Benedetto, poiché, solo lui è fonte inesauribile di ogni benedizione. “Ti illumini il volto del Signore e ti conceda la grazia”.
    Più che mai, oggi, Israel ha bisogno di trovare “grazia” agli occhi di D.O e del mondo.

    Le Haftarot di consolazione
    Dopo il digiuno del 9 di Av, è uso, nelle comunità sefardite, di leggere sette Haftarot di consolazione del Profeta Isaia. La prima si apre con le parole: “Nakhamù, nakhamù ami, yomar elohekhem” – “Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro D.O.” (Isaia, 40/1).
    Commentano i Maestri: ascoltando queste parole, sconsolato, Israel disse: Oh! Signore! Non hai trovato di meglio che farci consolare da quelle nazioni che per secoli ci hanno perseguitati e umiliati? Rispose Hashem: Il fatto stesso che Io sia il vostro D.O e vi nomini il mio popolo dovrebbe già, per voi ,essere una forma di consolazione. Nella seconda Haftarà, leggiamo; “E disse Zion: il Signore mi ha abbandonata, il mio Signore mi ha dimenticata.” (risponde Hashem): “È mai possibile che una donna dimentichi il suo bimbo, si da non amare il frutto del suo ventre? Ma… quand’anche esse dimenticassero i loro figli, Io non ti dimentico; Io ti porto incisa nelle palme delle mie mani; le tue mura mi stanno sempre davanti…” (Isaia , 49/ 14-15-16-17).
    La terza Haftarà si apre con le parole: “Oh! Misera, agitata, che non avevi avuto conforto” (Isaia, 54/11). Nella quarta Haftarà leggiamo: “Anokhì, Anokhì, Hu menakhemkhem”. “Sono Io, sono Io colui che vi consola” (Isaia, 51/12). I commentatori fanno notare che la parola Hu (colui) potrebbe sembrare superflua. In effetti, sarebbe potuto bastare scrivere: “anokhì anokhì menakhemkhem”, “sono Io, sono Io che vi consola”.
    La fine della Parashà Be Shalakh narra del sordido attacco di Amalek al popolo ebraico appena affrancato dalla schiavitù egizia: a conclusione del racconto leggiamo: “Va yomer: Ki yad al kess ya’ milkhamà la hashem ba Amalek mi dor dor…” “E disse: La mano (del Signore sarà ) sul suo trono; guerra ad Amalek di generazione in generazione.” (Esodo, 17/16). Amalek è, per eccellenza, il rappresentante delle forze del male; è il male assoluto, in contrapposizione con il “Diritto” e la Giustizia Divina e il Signore ha giurato, sul Suo trono, di muovere guerra ad Amalek in ogni generazione fino al suo annientamento totale. Il sussistere del male fa sì che il trono divino, “kess ya,” non possa essere completo fintanto che Amalek non venga definitivamente sconfitto. Il trono, in ebraico, è chiamato kissé, allorché il nome divino è formato dal tetragramma composto dalle lettere yud, he’, vav e he’.
    Nel versetto dell’Esodo appena citato, la parola trono, kissé, compare troncata: è scritto, infatti, kess; lo stesso dicasi per il tetragramma che compare, nel nostro versetto, con le sole lettere yud e he’, ovvero ya’. Ebbene, se si aggiunge alla parola kess una alef, diventa kisse’. Aggiungendo alla parola ya una vav e una he’ si completa il tetragramma con le quattro lettere yud, he, vav e he’. Le tre lettere così aggiunte, he’, vav e alef formano la parola hu’ che portano a completamento, tanto della parola trono, kisse’, quanto del nome divino, ovvero, del tetragramma: “anokhi’, anokhi’ hu menakhemkhem”, “Sono Io, sono Io colui che vi consola”.
    Lungi dall’essere superflua, la parola “hu” vorrebbe dimostrare che l’integrità, sia del nome divino, che del suo trono , dipendono dal trionfo del bene sul male e dalla definiva sconfitta del regno di Amalek. Allora, e solo allora, Israel troverà consolazione e verrà benedetto con la più ambita delle Berakhot: la pace, shalom.

    La promessa divina di protezione e consolazione
    Sappi, dice, il Santo benedetto, al popolo affranto e smarrito, che Io non ti dimentico; non ti lascerò per sempre in balia delle onde nel mezzo del tumulto delle nazioni. E se cerchi la mia consolazione, ebbene, sarò Io in persona a portarti il Mio conforto poiché ho giurato di “cancellare il ricordo di Amalek di sotto il cielo” (Esodo,17/14). È scritto: “In Te confideranno coloro che conoscono la Tua fama, poiché Tu non abbandoni coloro che ti cercano, oh! Signore” (Salmi, 51/9-11).
    Oggi, più che mai, abbiamo bisogno della benedizione divina, della Sua consolazione, e della Sua protezione, affinché possiamo trovare grazia ai Suoi occhi ed agli occhi del mondo che ci guarda in cagnesco: “Ed incontrerai favore e buona considerazione agli occhi di D.O e degli uomini”. (Proverbi, 3-4).
    Dice il profeta Isaia: “E dirai, in quel giorno, Ti sono grato oh! Signore poiché, dopo essere stato adirato verso di me, si è placata la Tua ira e mi hai consolato” (Isaia, 12/1).

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