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    ROMA EBRAICA

    Il discorso del Presidente CER Victor Fadlun in occasione della cerimonia per il ricordo del 7 ottobre

    Pubblichiamo di seguito il discorso del Presidente della Comunità Ebraica di Roma Victor Fadlun in occasione della cerimonia che si è tenuta al Tempio Maggiore per il ricordo del 7 ottobre.

    A nome della Comunità ebraica di Roma desidero ringraziare il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che ancora una volta ci dimostra la sua vicinanza, e la sensibilità di riconoscere l’enormità di quanto è successo il 7 ottobre. Ringrazio i ministri presenti. E attraverso il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, le forze dell’ordine. La loro professionalità ci dà sicurezza. Una menzione per il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, per il suo ruolo cruciale. Grazie di essere con noi al Prefetto di Roma, Lamberto Giannini, per la sua vicinanza nei diversi e importanti ruoli che ha ricoperto.
    È passato un anno dal 7 ottobre. La rabbia è aumentata e il dolore non è diminuito. Sono decine gli ostaggi ancora nelle mani di questi terroristi che li sottopongono a ogni tipo di tortura. Tra loro anche bimbi di un anno, ragazze, soldatesse che facevano le sentinelle, persone anziane, malati…
    Quello che Hamas ha fatto è puro orrore, un atto di terrorismo di massa minuzioso e crudele, un pogrom fra i più terribili, in terra di Israele, che mette in pericolo non solo Israele ma l’intero Occidente.
    La rabbia è aumentata, perché dopo un breve periodo di solidarietà a Israele, nel momento in cui Israele ha reagito e si è difeso, è riemerso dalla notte dei tempi l’antico pregiudizio antiebraico. Le celebrazioni della Giornata della Memoria, tutte le campagne di informazione non sono bastate a sradicare l’antisemitismo atavico.
    La rabbia è aumentata perché in alcuni giovani i cattivi insegnamenti hanno fatto breccia. I cortei pro-Hamas e Hezbollah sono partiti da alcune Università, che da templi della cultura si sono trasformate in luoghi di pregiudizio antisemita. E il boicottaggio culturale contro Israele ha alimentato quello commerciale ed economico.
    Nei cortei si urlava “morte all’ebreo” (frasi che conosciamo bene). Oppure: “Dal fiume al mare Palestina libera!”. Significa che Israele va cancellato dalle carte geografiche. Abbiamo subìto l’oltraggio alle pietre d’inciampo. E siamo scesi instrada a difendere il diritto di ricordare la Brigata Ebraica contro il nazi-fascismo.
    La rabbia è aumentata perché Israele è stato accusato di genocidio. Proprio Israele! A cui viene chiesto di fermarsi, ma non si chiede con la stessa forza a Hamas di liberare gli ostaggi, a Hezbollah di non tirare più i suoi 150 razzi al giorno.
    Come Comunità ebraica di Roma, dobbiamo gestire i rischi per la sicurezza della nostra gente. Siamo tornati ai tempi in cui gli ebrei erano “per definizione” sionisti. Siamo grati alle forze politiche e ai giornalisti che sono riusciti a tenere dritta la barra, a dire la verità. E a governo e forze dell’ordine che garantiscono la nostra sicurezza, consentendoci di continuare la nostra normale vita ebraica. Il lavoro nelle scuole. Le preghiere nel Tempio.
    Noi ebrei di Roma siamo più forti di prima. Non ci siamo rinchiusi, non ci siamo arresi. Abbiamo protestato contro i cortei pro-Hamas nel Giorno della Memoria e il 5 ottobre. Abbiamo portato ebrei e non ebrei in Piazza del Popolo contro l’antisemitismo.
    Accanto alla rabbia (ricordate la “rabbia” di Oriana Fallaci?) c’è però la speranza in un futuro di pace e sicurezza, per Israele e per il Medio Oriente. E di un ritrovato equilibrio fra la nostra comunità e l’Italia, il nostro Paese che amiamo e nel quale vogliamo continuare a riconoscerci con orgoglio.

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