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    ISRAELE

    La svolta della guerra: è iniziata l’operazione di terra in Libano

    L’attacco di terra
    La notte scorsa è partita la tanto attesa operazione di terra delle forze armate israeliane in Libano, partendo dal “dito” di Kiryat Shmona e Metula, alle pendici occidentali del Monte Hermon. Con un forte appoggio di artiglieria e la copertura dell’aviazione, le truppe della divisione 98 hanno attaccato finora 21 villaggi, roccaforti di Hezbollah e già abbandonati dalla popolazione civile. Come ha dichiarato un comunicato dello stato maggiore, “in conformità con la decisione dei vertici politici, le forze armate di Israele hanno avviato poche ore fa un’operazione di terra mirata e delimitata nel sud del Libano contro obiettivi terroristici e infrastrutture dell’organizzazione terroristica di Hezbollah, in una serie di villaggi vicino al confine, che rappresentano un pericolo immediato e una vera minaccia per i villaggi israeliani al confine settentrionale. I reparti operano secondo un piano elaborato dallo Stato Maggiore Generale e dal Comando Nord, per il quale si sono addestrati e preparati negli ultimi mesi. Le forze di terra sono accompagnate nell’attacco dall’aviazione e dall’artiglieria, che attaccano obiettivi militari nella zona in coordinamento con i combattenti delle forze di terra. L’operazione Frecce del Nord continua contemporaneamente ai combattimenti a Gaza e in altri fronti.”

    La reazione americana
    Il punto chiave e politicamente delicato in questo comunicato è la qualificazione dell’attacco come “mirato e delimitato”. A queste condizioni Israele ha ottenuto l’appoggio degli Stati Uniti, fondamentale per prevenire una reazione iraniana. C’è stato infatti un comunicato importante dalla Casa Bianca, in cui si dice che le azioni mirate di Israele in Libano fanno parte del suo diritto a difendersi: “Comprendiamo che gli israeliani effettueranno azioni limitate per distruggere le infrastrutture di Hezbollah che potrebbero minacciare i cittadini israeliani. Ciò rientra nel diritto di Israele di proteggere i suoi cittadini e di consentire loro di tornare sani e salvi alle loro case. Sosteniamo il diritto di Israele di difendersi contro Hezbollah e altri affiliati iraniani.”

    Le ragioni dell’operazione
    Ci si può chiedere se l’attacco alle postazioni terroristiche del Libano meridionale fosse necessario dopo la distruzione del vertice di Hezbollah realizzata negli ultimi dieci giorni. La risposta è sì, che a Hezbollah rimangono decine di migliaia di truppe e molte armi avanzate, in particolare missili di precisione. Anche se Israele ha bloccato i rifornimenti all’organizzazione terroristica che potevano arrivare per via aerea dall’Iran e per via di terra dalla Siria, la capacità potenziale del gruppo terroristico di attaccare Israele è ancora alta. Era importante approfittare del suo stato di shock e di disorganizzazione, conseguente ai colpi subiti in questi giorni, per distruggere le istallazioni e i depositi militari ancora esistenti e non raggiungibili dall’aviazione perché nascosti in tunnel sotterranei e anche per eliminare le truppe accumulate da Hamas al confine israeliano. L’operazione mira, insomma, a smantellare la potenza militare di Hezbollah e a garantire la possibilità del ritorno a casa per le decina di migliaia di israeliani fatti sfollare in questi mesi dai bombardamenti di Hezbollah.

    Gli altri teatri di guerra
    Contemporaneamente all’operazione di terra, la notte scorsa vi sono stati anche intensi bombardamenti nella periferia meridionale di Beirut contro depositi di armi sotto edifici residenziali, bombardamenti anche a Tiro e Sidone sulla costa meridionale del Libano, e diversi attacchi aerei a Damasco contro capi di Hezbollah, delle Guardie Rivoluzionarie dell’Iran e di altre organizzazioni terroristiche. Durante il giorno sono anche continuate le azioni a Gaza, dove c’è stato un attentato di Hamas che ha ferito gravemente un soldato israeliano, ma è stata catturata l’ennesima scuola trasformata in deposito d’armi e centro d’attacco. Finora le reazioni da parte dell’asse terrorista sono state scarse. Dopo la decina di missili abbattuti ieri nell’area di Haifa, i mezzi israeliani hanno abbattuto un drone, forse sparato dagli Houti, che puntava nella zona di Tel Aviv.

    Coraggio
    Non c’è dubbio che questa operazione, insieme agi colpi decisivi inferti a Hezbollah nelle scorse due settimane, possa costituire la svolta della guerra. Israele è tornato all’offensiva anche al nord, non si limita più a ricambiare i colpi, ma opera strategicamente per la vittoria. C’è voluto molto coraggio per superare i timori e i freni che venivano dall’amministrazione americana, per non parlare dell’ostilità del resto del mondo: ancora ieri notte Josep Borrell, ministro degli Esteri dell’Unione Europea per fortuna in scadenza, ha dichiarato che l’UE vuole rafforzare l’esercito libanese come elemento di stabilità della regione. Peccato che l’esercito libanese, al primo annuncio dell’operazione israeliana, si sia immediatamente ritirato, dopo non aver fatto nulla contro Hezbollah da decenni. E c’è voluto molto coraggio per intraprendere questa operazione, perché già nel 2006, durante la seconda guerra del Libano, l’esercito israeliano ha avuto molte difficoltà nelle strette valli di montagna del Libano meridionale e ora esse sono ancora più difficili, densamente fortificate da Hezbollah. Proprio per questo l’operazione, che i terroristi aspettavano e sfidavano da tempo, è stata attuata solo dopo lo smantellamento della catena di comando e di comunicazione.

    Il futuro
    Israele non ha ambizioni sul Libano. Se tutto andrà bene, ci vorranno alcune settimane per ripulire a fondo la zona di confine, che era già interdetta a Hezbollah dalla risoluzione 1701 dell’Onu. È possibile che le forze israeliane debbano andare oltre i villaggi di confine, fino al fiume Litani, per stabilire una zona libera dal terrorismo. Difficile però che arrivino a Beirut, come è difficile che si fermino a presidiare la zona liberata. Più facilmente si riserveranno il diritto di entrare a smantellare ogni nuovo insediamento terrorista. La situazione potrebbe complicarsi se l’Iran cercasse di intervenire direttamente per salvare qualcosa del suo strumento militare imperialista più importante, com’era Hezbollah. Ma non sembra probabile. Israele ha dichiarato e mostrato coi fatti di essere in grado di raggiungere le istallazioni atomiche e i terminali petroliferi da cui gli ayatollah traggono buona parte dei loro fondi. E non è detto che nelle circostanze opportuna non possa farlo autonomamente. Netanyahu si è rivolto ieri, con un messaggio poco prima dell’operazione, al popolo iraniano, dicendo che non vi è odio fra Israele e gente della Persia e che, se gli iraniani si libereranno dalla cricca di fanatici che li governa, potrà sorgere un tempo di amicizia e di prosperità. Anche questo è un coraggioso programma d’azione.

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