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    Cultura

    “La nuova caccia all’ebreo”: l’antisemitismo che cambia nel libro di Pierluigi Battista

    Tante cose sono cambiate dopo il 7 ottobre. Ma ciò che più ha caratterizzato gli accadimenti legati al pogrom messo in atto da Hamas è un risveglio, pericoloso e senza precedenti, di odio antiebraico. È un antisemitismo dal volto nuovo che si è insidiato nelle menti dell’Occidente, un’ondata di odio che si è trasformata in una vera nuova caccia all’ebreo quella di cui parla nel suo libro – edito da Liberilibri – Pierluigi Battista. Shalom ha intervistato l’autore su come oggi la Shoah sia stata “desacralizzata” e su come l’odio contro l’ebreo agisca ormai indisturbato nella società odierna.

    Il tuo libro si chiama “La nuova caccia all’ebreo”: in cosa differisce questa “caccia all’ebreo” rispetto ai fenomeni del passato?
    Per nuova caccia all’ebreo non ci si riferisce soltanto a quel fenomeno, ormai noto, della persecuzione verso gli ebrei, ma piuttosto a come questo antisemitismo dilagante abbia delle motivazioni profondamente diverse, diciamo aggiornate, rispetto al passato. Nessuno oggi potrebbe avanzare l’idea di un antisemitismo di tipo biologico, come il nazismo classico, oppure additare agli ebrei morte di Gesù, come faceva l’antisemitismo di matrice cristiana. Questo antisemitismo odierno è esploso con la totale sovrapposizione di antisemitismo e antisionismo. L’odio verso Israele ha trascinato l’odio verso gli ebrei, per cui non si protesta per la politica sbagliata del governo israeliano – cosa anche legittima – ma si mette in discussione l’esistenza d’Israele. Basti pensare all’ormai famoso slogan “from the river to the sea”. Lo suggerisce la frase stessa, il problema è semplicemente l’esistenza dello Stato ebraico. Israele è diventato il nemico: lo Stato usurpatore e gli ebrei di conseguenza, a causa del loro rapporto con Israele, devono esser presi di mira. E da qui l’assalto alle sinagoghe, l’interdire l’entrata nelle università agli studenti ebrei – in Italia come in Francia – come è accaduto in un tempio della cultura come Sciences Po. Ormai la distinzione è completamente devastata. Gli ebrei sono diventati i nuovi oppressori, e lo sono per l’esistenza stessa dello Stato d’Israele. Questo è un fenomeno nuovo e sconvolgente, assolutamente non arginato dalla cultura democratica. Ormai tutto accade nella totale indifferenza e omertà.

    Dopo il 7 ottobre possiamo asserire che il lavoro sulla memoria abbia fallito
    L’Italia è un paese in cui il Giorno della Memoria viene insultata Liliana Segre ed è proprio questo a cui faccio riferimento quando parlo di una “nuova caccia all’ebreo”, un fenomeno che si nutre di odio mettendo in atto una totale sovrapposizione di antisemitismo e antisionismo. Tutto questo compone un quadro agghiacciante in cui gli ebrei vengono inesorabilmente lasciati soli. Proprio all’inizio del secondo capitolo del mio libro racconto di una studentessa torinese che nell’aprile del 2024 ha rilasciato a La Repubblica un’intervista. Lei racconta della sua paura ad andare in giro per Torino, al dover nascondere, assieme ai suoi amici, i simboli ebraici, all’aver paura di entrare nelle università o di dire il proprio cognome. La vera follia è come la classe parlamentare possa permettere che una cittadina italiana possa sentirsi così perseguitata alla luce del sole. Che senso ha allora far le cerimonie del 27 gennaio? L’ebreo che si difende non è più simpatico e viene messo ai margini. Non è più un problema di memoria, il mai più è diventato una formula ridicola e vuota. Ormai la nostra cultura si nutre della memoria ma si gira dall’altra parte mentre si dà la caccia all’ebreo, questo è ciò che dovrebbe preoccupare: questa specie di pellicola di indifferenza. Tutto ciò accade perché è stata “sconsacrata” la Shoah, che era una sorta di argine morale in passato. Gli ebrei sono soli a causa di questo antisemitismo culturale, ed è forse a causa di ciò che viene insegnato nelle università, ovvero che il mondo si divide in oppressi e oppressori, e in questa ottica gli oppressi hanno il diritto di ribellarsi. Così, il 7 ottobre è diventato un atto di resistenza. Stuprare le donne ebree, massacrare i bambini ebrei nei kibbutzim e uccidere centinaia di ragazzi in un rave diviene improvvisamente sinonimo di resistenza da parte di gente che non vuole, come vorrei io, due popoli due stati – e, come diceva Marco Pannella, due Stati democratici – questa gente vorrebbe solo pura Jihad, desidererebbe semplicemente la cancellazione d’Israele dalla faccia della terra, non esiste niente di più, nessuna rivendicazione nazionalista. Non c’è la volontà di uno Stato palestinese ma la volontà della fine totale degli ebrei.

    Bernard-Henri Lévy in una recente intervista suo sul libro ha affermato che se Israele perdesse sarebbe peggio della Shoah, è d’accordo?
    Proviamo ad immaginare un mondo senza Israele per gli ebrei di tutto il globo, non solo quelli della diaspora o gli israeliani stessi. Immaginiamo: 8 milioni d’israeliani che fine farebbero? Tornerebbero in Polonia? Non sarebbe possibile, specialmente perché dall’altra parte non esiste la possibilità di una coesistenza pacifica.

    Tu sei stato il primo ad intervistare Gadiel Gaj Taché: riconosci qualcosa in comune con quel 9 ottobre?
    In realtà è tutto molto peggio, anche del clima che si respirava nel 1982. Non dobbiamo più guardare al passato, non è quella la chiave, non è più come allora, ma il quadro è ancora più agghiacciante. Questa è una cosa sta avvenendo ora: una donna in Francia viene stuprata perché ebrea, ora; le sinagoghe vengono prese d’assalto perché sono il luogo di culto degli ebrei, ora; non c’entra più il passato, si tratta invece vecchi pregiudizi dentro a un contesto culturale nuovo e diverso, che non dovrebbe essere ignorato.

    Il libro “La nuova caccia all’ebreo” di Pierluigi Battista (Liberilibri) sarà presentato mercoledì 25 settembre alle 20.00 presso il Museo Ebraico di Roma, via Catalana
    Ingresso libero fino a esaurimento posti. Prenotazione obbligatoria, con indicazione di nome, cognome e numero di cellulare al seguente indirizzo email: centrocultura@romaebraica.it

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