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    IDEE - PENSIERO EBRAICO

    Tishabeav

    Siamo nel periodo dei 21 giorni che intercorre tra il 17 di tammuz ed il 9 di av, Ben hametzarim, tra le ristrettezze. Giorni di afflizione, in cui il popolo ebraico fu vittima di calamità in ogni generazione. Fu stabilito che fosse un tempo di lutto, per la distruzione dei due Santuari. In questi giorni diminuiamo le manifestazioni di gioia. Non si celebrano matrimoni, si evita di ascoltare musica, di ballare, di fare viaggi di piacere. Non si indossano abiti nuovi, non si mangiano frutti nuovi di stagione. Prestiamo più attenzione del solito al fine di evitare situazioni pericolose.
    La commemorazione della distruzione del Beit Hamikdash avviene in ogni occasione lieta: “Se ti dimentico, Yerushalaim, che la mia mano destra dimentichi la sua abilità…se non eleverò Yerushalaim al di sopra della mia gioia più grande” salmo 137,5. Pertanto, dipingendo le pareti di una casa di proprietà, si lascia incompleta una superficie vicino alla porta. Durante la cerimonia nuziale, lo sposo usa rompere un calice di vetro. È opportuno dilungarci al ricordo della distruzione, in questo periodo. Un’opinione ritiene che, il motivo più ovvio per cui massacri spaventosi, si sono abbattuti su di noi in esilio, in ogni luogo: siamo stati perseguitati senza pietà, non ci è mai stato permesso di vivere tranquillamente tra le nazioni, poiché abbiamo allontanato il lutto dai nostri cuori. Vivendo spensieratamente in terre che non sono la nostra.
    Era Tishabeav, venne la notte, e lo spirito della nazione si fece sconsolato. E tutta la comunità alzò la voce e pianse, e il popolo pianse quella notte. “La terra attraverso cui abbiamo viaggiato…è una terra che divora i suoi abitanti” (Bemidbar 13,32). Dio disse loro, avete pianto senza motivo, stabilirò che questo sia per voi un giorno di pianto in ogni generazione (Ta’anit 29b). Fatta eccezione per Kalev ben Yefunè e Yehoshua bin Nun, e la tribù di Levi (da cui non vennero inviate spie, in quanto non avrebbero avuto un territorio proprio nella terra d’Israele), non ci fu un solo uomo che non si unì alle lamentele degli esploratori.
    Il pianto di molte generazioni, di figli in ogni luogo della dispersione, sarebbe servito a correggere il pianto immotivato, peccato della prima generazione. Persino in epoche di prosperità, avrebbero ricordato la terra. Versando lacrime, con il desiderio struggente di ritornarvi, per ricostruire sul suo suolo desolato. Si racconta che Napoleone passò accanto all’ingresso di una sinagoga di Parigi il 9 di av; vedendo i fedeli, a terra, che recitavano le lamentazioni piangendo, si meravigliò. Dove si era mai vista una nazione, osservare il lutto per duemila anni, senza perdere la speranza?
    Ogni singola lacrima versata sulla distruzione del Bet HaMiqdash, ha la capacità di avvicinare la sua ricostruzione.
    Yrmeyauh uno dei tre Neviim, di grandezza incommensurabile, paragonato a Moshe’ Rabbenu: hanno entrambi ammonito il popolo ebraico per quaranta anni; hanno scritto cinque libri, rispettivamente la Torah, e composto cinque Qinnot, elegie, che costituiscono i capitoli di Echah. Acronimo di “io sono Yrmeyah Koen di Anatatot”. Le sue parole vennero derise: gli eventi descritti sembrava non potessero avvenire, data la potenza ebraica dell’epoca. Falsi profeti inondavano la generazione. Il libro di Echah è generalmente tradotto come “Le Lamentazioni di Geremia”. Fa parte delle 5 Meghillot. E’ composto da 5 capitoli: i primi 4 seguono l’ordine dell’Alef Bet, per un totale di 22 versi per ogni capitolo. Tranne il terzo, per cui ogni lettera è composta da tre versi. La struttura sta ad indicare che il popolo ebraico ha contaminato ogni lettera. Trasgredito tutta la Torah. Leggendo questo testo, si può rettificare Bezrat Hashem, ciò che è stato danneggiato. A Tishabeav si legge pubblicamente per due volte, la sera e la mattina. La parte fondamentale è inserire nel proprio cuore, la grande sofferenza e l’angoscia su tutto ciò che è ricordato nel testo. L’enorme sofferenza che Israel ha subito, con morti devastanti, in particolare sul Chillul HaShem, la profanazione del Nome. Quando i gendarmi sono penetrati nell’ Hekal, nel Kodesh HaKodashim, gioendo in esso, con ogni genere di scherno, dicendo: “Dov’è il loro D-o?” Lui era lì. Lui è qui. Lui sarà. Negli antropomorfismi, si descrive Kadosh Baruchu seduto a fare la shiva’ insieme al suo popolo. Un’immagine molto suggestiva che è utile tenere a mente, per poter vivere la giornata digiunando, in clima di lutto e afflizione.

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