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    La definizione IHRA di antisemitismo che non piace ad alcuni

    Daniele Zappalà scrive su L’Avvenire del 5 dicembre 2019 che la Risoluzione dell’Assemblea Nazionale francese del 3 dicembre 2019, che ha adottato la definizione di antisemitismo dell’Alleanza Internazionale per il Ricordo dell’Olocausto (IHRA) è stata criticata dal mondo universitario che contesta una presunta ’confusione’ (sic) fra gli atti di antisemitismo e le opinioni contrarie al sionismo. L’articolista conclude così: “Ma nel caso dell’antisemitismo, le preoccupazioni si concentrano in Francia su due tronconi: un antisemitismo di matrice storica, più o meno intriso d’ultranazionalismo, accanto a un’avversione verso la politica recente d’Israele che in casi non marginali può tramutarsi in aperta ostilità verso la cultura ebraica nel suo insieme. E se distinguere tra antisemitismo e antisionismo può essere per qualcuno un “esercizio intellettuale”, è nei fatti che il calderone dell’odio sperimentato sul campo tende a mescolare le due dimensioni. Nasce da qui la scelta dell’Eliseo, fortemente criticata anche da chi riesce a vederla come lesiva della libertà d’espressione”. Prima, nello stesso articolo, Zappalà menziona altresì la “accelerazione negli ultimi anni delle partenze di cittadini ebrei francesi verso Israele (Aliyah)”.

     Il catenaccio dell’articolo recita: “…una risoluzione che vuole includere nel fenomeno sempre più diffuso le critiche al sionismo e alla politica del governo israeliano di Gerusalemme” (sic).

    La citata definizione IHRA di antisemitismo comprende i seguenti atti:

    “•Accusare dei cittadini ebrei di essere più leali a Israele, o a supposte priorità degli ebrei in tutto il mondo, che agli interessi della loro nazione. Esempi di come l’antisemitismo si manifesta con riguardo allo Stato d’Israele, prendendo in considerazione il contesto generale, possono includere:
    •Negare al popolo ebraico il proprio diritto all’autodeterminazione, cioè sostenere che l’esistenza dello Stato d’Israele è un atto di razzismo.
    •Adottare due misure diverse (a Israele) aspettandosi da esso un comportamento non atteso o richiesto a nessun’altra nazione.
    •Usare i simboli e le immagini associate all’antisemitismo classico (per esempio accuse di ebrei che uccidono Gesù o l’accusa del sangue) per caratterizzare Israele e gli israeliani.
    •Tracciare paragoni tra la presente politica d’Israele e quelle dei nazisti.
    •Ritenere gli ebrei collettivamente responsabili per le azioni dello stato d’Israele.

    D’altro canto, le critiche rivolte a Israele che siano simili a quelle mosse a qualsiasi altro Paese non possono essere considerate antisemite”.

    Ne consegue che il resoconto di “Avvenire” nei riguardi della citata definizione non corrisponde al testo della medesima, che non riguarda né le critiche al sionismo né alla politica israeliana.

    Quanto al sionismo, che sembrerebbe essere parte fondamentale delle preoccupazioni di questa prestigiosa testata, basterebbe considerare che il sionismo consiste proprio nella citata partenza “di cittadini ebrei francesi verso Israele (Aliyah)”. Essere contrari al sionismo, il quale auspica che il popolo ebraico abbia una terra (e ovviamente che gli ebrei la abitino) comporta una interferenza nella libertà degli ebrei (in questo caso, francesi) di andare in Israele, mentre nessuno si sogna di censurare o di intervenire negli eventuali spostamenti dell’autore dell’articolo verso le mete territoriali di suo gradimento. Quindi, o Avvenire ha una definizione di sionismo a noi ignota, oppure il riferimento alle alquanto misteriose critiche all’antisionismo significa o negare la legittimità dell’esistenza dello Stato d’Israele oppure negare agli ebrei la libertà di lasciare il proprio Paese  riconosciuta dalla Dichiarazione Universali dei Diritti dell’Uomo. Perché mai si dovrebbe criticare la libertà di andare in Israele oppure il diritto all’esistenza dello Stato ebraico? Cosa sarebbero le “critiche al sionismo” del catenaccio?

    Avvenire, che ha l’onere e l’onore di esprimere la voce del cattolicesimo italiano, potrebbe essere più preciso nei riguardi del sionismo. Le critiche al sionismo dovrebbero riguardare: a) la migrazione verso Israele, b) il diritto all’autodeterminazione del popolo ebraico, in un proprio Stato. Facciamo il caso speculare: potremmo criticare il diritto degli italiani nel mondo di risiedere in Italia? Potremmo criticare il diritto degli italiani ad avere un proprio Stato? Evidentemente, qualche cosa non quadra, nella natura delle presunte “critiche”, e qualche riflessione, questa prestigiosa testata, avrebbe potuto compierla. “Sporco sionista” è un epiteto che abbiamo sentito alla radio, ed il suo significato dovrebbe essere chiaro; ma evidentemente per alcuni non lo è, ed è per questa ragione che l’Italia dovrebbe adottare la definizione IHRA di antisemitismo. Tuttavia, vediamo che malgrado l’unanime invito della Camera dei deputati il 4 ottobre 2018 al Governo perché l’adotti, nulla è stato fatto. Il Governo ha risposto ad una interpellanza recente asserendo che l’Unar (ufficio anti- discriminazioni) l’ha adottata però, a fronte di un nostro diretto riscontro, sappiamo che così non è. Così come nel 1870 siamo stati l’ultimo Paese europeo a chiudere il Ghetto, non vorremmo essere  l’ultimo Paese europeo ad adottare la definizione IHRA di antisemitismo.  

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